Finanziaria 2001: il buon governo da’ i suoi frutti

Il Parlamento licenzia l’ultima manovra economica della legislatura. E’ insieme motivo di soddisfazione per la maggioranza e di polemica per l’opposizione. Berlusconi va a Porta a Porta e disegna alla lavagna “l’Italia che ha in mente”. E, per essere sicuro di non sbagliare, si fa scrivere gli appunti a matita sui cartelloni…
La Nuova Sardegna, 24.12.2000

Lo ha detto il ministro del Tesoro: questa Finanziaria è un punto di svolta, insieme approdo di una stagione di cambiamenti e premessa per una fase nuova. Esiste un filo che lega la politica di questi anni, un filo robusto, nel quale passano culture, passioni, uomini diversi ma animati da una stessa volontà. Sono gli uomini e le culture del riformismo italiano, che hanno vinto la scommessa del buon governo, centrata su tre grandi scelte:
risanare la finanza pubblica;
liberare risorse per favorire la crescita economica;
coniugare il sostegno allo sviluppo con l’obiettivo della giustizia sociale.
Le cifre, gli indicatori economici, le stime delle autorità indipendenti registrano i risultati e comunque li si voglia rigirare, un disperato tentativo di rassicurare il proprio esercito da parte dei nostri competitori, segnalano il successo dei governi dell’Ulivo.
Cresce l’economia in media con i più forti tra i paesi europei, si espande il commercio, gli italiani hanno ripreso a spendere; si mantiene bassa l’inflazione.
L’occupazione continua a crescere al di là delle stime più favorevoli.
Questa finanziaria riduce le tasse per gli italiani, per le imprese e per le famiglie. L’opposizione sostiene che questa sia una finanziaria elettorale, e in qualche misura con questo giudizio tradisce fastidio e delusione. Se il loro giudizio nasce dalla pretesa di una dubbia copertura, di una scarsa attendibilità di saldi, di una dichiarata diffidenza per l’equilibrio dei conti pubblici vorrei dire che questi giudizi e questi dubbi li abbiamo già sentiti in passato: stesse fonti e stessi uomini.
Sono gli stessi dubbi che abbiamo sentito nel dicembre del ’96, e ancora di più nel dicembre del ’97, quando le solite prefiche si aggiravano con gli occhiali scuri a dipingere l’Italia in ginocchio, a dire che non sarebbe mai entrata nel gruppo di testa dell’Unione monetaria, e poi che ci sarebbe entrata solo a costo di sfiancare l’economia e poi ancora che non sarebbe stata capace di restarci.
Rileggano Marzano e Martino e altri le loro parole. La stessa ironia e la stessa sfiducia che oggi abbiamo sentito nei confronti di Visco e Giarda, negli anni scorsi venivano rivolte, sebbene con qualche segno di maggiore deferenza, verso il ministro del Tesoro Ciampi.
La storia di questi anni, i fatti dimostrano che hanno avuto ragione gli italiani a fidarsi di Prodi e di Ciampi, e ora abbiamo ragione a fidarci di Amato, di Visco e di Giarda.
Ma se non hanno fondamento questi dubbi, allora vuol dire che il contenuto di questa manovra li preoccupa perché possiede elementi talmente positivi da indurli a temerne gli effetti elettorali. E hanno ragione di preoccuparsi.
La strategia, l’idea generale della politica economica del governo è scritta nelle cifre di questa finanziaria. Due le direzioni:
accrescere il potere d’acquisto delle famiglie;
sostenere le imprese, operando sui fattori della competitività; destinando grandi risorse per l’innovazione tecnologica; riducendo il costo del lavoro; riducendo il costo energetico; riducendo il prelievo fiscale.
Una seria politica di bilancio, la crescita dell’economia e uno straordinario contrasto all’evasione fiscale rendono possibile una finanziaria per lo sviluppo. Due punti in meno di Irpeg, riduzione dell’Irap per le piccole e medie imprese, una rivoluzione dell’Irpef con riduzione delle aliquote e cambiamento delle soglie. Meno tasse per tutti i redditi, nessuna tassa su quelli più bassi.
E, ancora, una spinta forte all’economia del Mezzogiorno. Ventimila miliardi per il sostegno alle imprese nelle aree depresse, una politica seria di incentivi per l’emersione del sommerso, l’istituto del credito di imposta per i nuovi investimenti.
Un fattore formidabile di accelerazione dello sviluppo e dell’occupazione. E infine, un serio intervento per la famiglia.
Detrazioni (differenziate) per i figli, sostegno alla maternità, congedo parentale per i genitori dei disabili.
La famiglia fa oggi un passo avanti significativo nella direzione di un riconosciuto e valorizzato soggetto fiscale, protagonista di maggiore equità tributaria e di una più giusta distribuzione di risorse tra le generazioni.
L’abolizione dei ticket sui farmaci costituisce non solo un atto di giustizia sociale, ma anche un atto di fiducia nel nuovo sistema sanitario italiano, nella sua capacità di regolarsi, organizzarsi e migliorarsi nella dimensione dell’autonomia e della responsabilità. E’ anche questo un frutto della Riforma Bindi, una riforma che ha saputo coniugare efficienza, giustizia e modernità.
Ripartono, insieme a questa manovra, investimenti e opere pubbliche. Opere vere, non disegni offerti alla lavagna mediatica di “Porta a porta” dall’onorevole Berlusconi. In fondo qui sta l’aspetto insieme clamoroso e paradossale della nostra situazione politica: che il leader dell’opposizione esprime propositi e indica scenari che noi abbiamo in larga parte già realizzato.
Sta per chiudersi una fase straordinaria di trasformazioni del paese, delle istituzioni e dell’economia. Noi sentiamo l’orgoglio di aver partecipato a questa grande impresa politica, i cui contorni saranno sempre più chiari nei prossimi anni. Siamo grati agli uomini che hanno guidato questa impresa, a Romano Prodi, a Massimo D’Alema e a Giuliano Amato.

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