Scuola, obiettivo qualità

Il Popolo, 22/12/1998

 

La questione della parità scolastica continua ad alimentare il dibattito sulle pagine dei giornali. Addirittura, il ministro Berlinguer ha espresso il sospetto che se ne parli più per sfondare sui media che per effettiva attenzione a questo tema. Ma noi Popolari, da questo punto di vista, per la nostra tradizionale attenzione alle questioni che interessano le famiglie, che attengono alla formazione dei giovani e che toccano i valori del cattolicesimo possiamo considerarci al di sopra di ogni sospetto. Per questo, a qualche giorno di distanza dalla discussione della Finanziaria alla Camera, vorrei tornare sull’argomento per alcune riflessioni un po’ più lontane dalle urgenze e dall’emotività.
Non sono certo che le pressioni di alcune parti del mondo cattolico producano l’effetto desiderato: credo che talvolta esse provochino reazioni decisamente avverse.
Quando si rilancia continuamente la richiesta di finanziamenti alle scuole non statali, affermando che non ci si può accontentare di un finanziamento generico alle famiglie (“perché si affermerebbe di aver fatto, ma la situazione rimarrebbe uguale”), si assume un atteggiamento paradossalmente simmetrico a quello dei laicisti, che affrontano il problema della parità proponendo una revisione del Concordato. Ma così, soprattutto, si conserva un carattere ideologico – e, sia detto con il dovuto rispetto, anacronistico – a un dibattito che invece attiene al piano concreto della politica di governo.
Io mi ostino a proporre un approccio diverso al problema. Innanzitutto, la distinzione fondata sulla proprietà delle strutture scolastiche può essere superata. Come abbiamo detto più volte, pubblico non è necessariamente uguale a statale e privato non è necessariamente uguale a cattolico: dovremmo abituarci tutti a fare un uso meno improprio dei sinonimi e dei contrari. Detto questo, l’obiettivo della maggioranza e del governo non può essere ingiustamente semplificato. Noi vogliamo migliorare la qualità del sistema scolastico italiano nel suo complesso, perché solo uno straordinario investimento nella formazione dei nostri figli può consentirci di affrontare il tempo della globalizzazione conservando per loro le attuali chances.
Per questo siamo convinti che l’istruzione sia più che mai una missione che impegna la funzione pubblica dello Stato; ma anche che tale funzione non si esaurisca nell’organizzazione gestita direttamente dalla Stato.
L’obiettivo e la qualità: il pluralismo dei soggetti che concorrono al sistema scolastico italiano è uno strumento necessario per raggiungere questo obiettivo, soprattutto se all’interno di una riforma generale del sistema che consentirà di definire regole rigorose per selezionare standard di qualità che spingano la competizione verso l’alto.
Non una sola lira – lo abbiamo già detto – deve essere trasferita dalle scuole statali a quelle non statali; occorre investire di più per tutta la scuola. E, per garantire il pluralismo e la libertà di scelta, occorre definire un sistema di aiuti per le famiglie bisognose, in modo che tutti possano scegliere in libertà – nei limiti delle regole stabilite dalla legge – il processo formativo che preferiscono.
Ragionare a partire da obiettivi condivisi e non da premesse ideologiche può essere, forse, un metodo per trovare soluzioni migliori e più forti per il futuro dei nostri figli.

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