Non assecondare la piazza, ma recuparare la fiducia dei cittadini

Non assecondare la piazza, ma recuparare la fiducia dei cittadini
Camera dei Deputati, 25 giugno 1997

Credo che il carico simbolico assegnato a questo provvedimento – la Delega al governo per la depenalizzazione dei reati minori – non debba soffocarne il merito, e ritengo che la Camera ed i singoli deputati debbano esprimere il proprio giudizio con serenità, senza cedere alla pulsione della demagogia – tentazione insopprimibile molte volte in tutti noi – e senza vincoli di mandato, né di quelli contemplati dall’ordinamento come un rischio, né di quelli più recenti che una moderna società dell’informazione rende più vincolanti.
Ho colto in questi giorni una formidabile preoccupazione, quella di apparire poco fermi sulla questione morale, di essere confusi con il partito del colpo di spugna. Noi Popolari non abbiamo complessi in questa materia, avendo pagato con un rigore senza confronti tutto quello che andava pagato per ritrovare i caratteri veri e puliti della nostra tradizione politica.
Vogliamo anche dire con chiarezza che la questione morale non è archiviata: esiste ancora un bisogno insopprimibile di trasparenza e di giustizia per vincere tutte le degenerazioni della politica e le patologie del nostro sistema. Noi non saremo mai favorevoli a provvedimenti che impediscano l’accesso alla verità da parte degli inquirenti o che producano l’impunità dei corrotti. Per queste ragioni abbiamo respinto, senza indecisioni, le ipotesi di emendamenti estensivi della depenalizzazione ai reati collegati del falso in bilancio, della concussione e via dicendo.
Ciò che oggi è in discussione è la traduzione legislativa di un ordine del giorno che questa Camera ha votato e che impegnava la stessa a depenalizzare le norme sanzionatorie per le violazioni alle relative disposizioni (si parlava solo di un contributo e del volontario finanziamento della politica), firmato da Giovanardi, Caveri, Detomas, Comino, Bressa, Mussi e Crema. Noi oggi facciamo questo: traduciamo i contenuti di quell’ordine del giorno in un atto legislativo. Ho già detto di non essere un giurista, ma ho colto che la natura di questo reato è quella di reato minore, di competenza del pretore, che non ha nulla da spartire con il falso in bilancio, la corruzione e la concussione. Nella sostanza, non si cancella la sanzione, ma viene sostituita una sanzione penale eventuale, subordinata ai tempi lunghi dei tre gradi di giudizio, con una sanzione amministrativa certa, immediatamente verificabile ed erogabile, che può essere applicata anche alle persone giuridiche.
In questo senso, a noi è sembrato che la sanzione amministrativa diventi più efficace di quella penale, perché non prevede le sospensioni condizionali, e perché assicura tutte le possibilità di svolgere ulteriori indagini all’inquirente. Se quest’ultimo ha bisogno – per usare una terminologia che oggi ho visto riportare su alcuni quotidiani – dei “grimaldelli tecnici per scardinare la cassaforte di nuove e vecchie Tangentopoli”, con questo provvedimento l’inquirente non perde alcuna possibilità di farlo.
Risiede in questa elementare valutazione il fondamento dell’ordine del giorno richiamato, ed io non ho colto elementi e argomenti nuovi per modificare il giudizio che allora esprimemmo assieme in questa Camera. Esso viene confermato anche da quanti oggi propongono di trovare posto al testo in esame in altre leggi. Si tratta di un legittimo e anche opinabile contrasto rispetto alla percezione che di questo problema si ha nell’opinione pubblica.
La questione vera, che è sottesa al dibattito di questi giorni, consiste nella difficoltà a considerare conclusa una fase della nostra storia che è stata scandita dai tempi dell’emergenza e regolata da un ordinamento materiale di assoluta straordinarietà. Io non sostengo che al fondo di tale contrasto vi sia una maggiore o minore inclinazione ad assecondare le emozioni piuttosto che le ragioni; tuttavia credo che conti, nell’incertezza di molti colleghi, la percezione di un sentimento diffuso nell’opinione pubblica: la voglia ingenua di fare a meno dei partiti e spesso della politica organizzata.
Quel sentimento che invoca la “piazza” è la semplificazione personalistica della politica. Credo che esso non debba essere né assecondato né coltivato: la strada che abbiamo di fronte, per meritare la fiducia dei cittadini e per ritrovare un rapporto reciproco e durevole di fiducia fra i cittadini e le istituzioni, sta nella moralità delle nostra azioni, in un paragone teso, esigente, fra i nostri comportamenti e le nostre intenzioni.

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