Così si aggrava la crisi dell’autonomia

Così si aggrava la crisi dell’autonomia
La Nuova Sardegna, 29/07/1987

 

La trattativa per la formazione del cosiddetto Melis-ter coincide con il punto più atto di crisi e di logoramento non solo della maggioranza ma anche dei funzionamento dell’istituto autonomistico. Sembra utile richiamare le premesse e gli assunti dai quali prese spunto la lunga verifica sfociata nella crisi della seconda Giunta Melis.

1) La dichiarata insoddisfazione per l’azione di governo e per le insufficienze della Regione rispetto ai problemi crescenti e drammatici della Sardegna. insoddisfazione dichiarata, ripetutamente, dai segretari dei partiti, dallo stesso Presidente.

2) La riconferma delle alleanze che, prescindendo dai programmi (in verifica tuttora aperta) e prescindendo dalla categoria dei comportamenti gestionali (per l’appunto fonte di insoddisfazione) fondava e fonda su un assunto: che l’esclusione della Dc dal governo sia di per sé un fatto progressivo, utile alla Sardegna.

3) L’esigenza di sostituire gli uomini della Giunta regionale per rimuovere le ragioni dell’insoddisfazione.
Su questi tre elementi si è giocato per nove mesi un confronto politico, tutto interno ai partiti e tutto esterno all’assemblea più rappresentativa del popolo sardo.

Il 5 maggio di quest’anno si concluse un accordo, che definimmo dubbio e improbabile, che riduceva la verifica alla sostituzione tecnica di due assessori dimissionari. Tanto poco fu accordo che non fu mai attuato, nonostante i patetici “ultimatum” del Pri, perpetuando attraverso gli “interim” una condizione di sostanziale non governo. E infine fu crisi.
Vale la pena di sottolineare le condizioni in cui si è giocata la lunga verifica, gli effetti che ne sono derivati per la Sardegna e le conclusioni cui si è pervenuti.

Il quadro generale intorno al quale si è “verificato” il disaccordo della maggioranza è quello della favorevole ripresa dell’economia nazionale, nella quale il Paese raggiunge tassi di crescita da tempo desueti, e quello di una nuova configurazione del Meridione, che si disaggrega, che è sottoposto a sollecitazioni economiche e politiche diverse e disomogenee: che inducono, naturalmente, diversi e disomogenei livelli di crescita.
Insieme alla cornice economica, c’è quella istituzionale, dei poteri. Il regionalismo nella sua accezione storica è in una fase di crisi delicata.

Lo Stato in questi anni ha progressivamente concentrato le grandi decisioni capaci di modificare i fattori dello sviluppo, divenendo un soggetto forte di governo dell’economia. Per contro sono cresciute le municipalità, non solo quelle grandi, ma, in qualche modo, anche le piccole: avendo assegnato il compito di gestire servizi e i rapporti di più diretta convivenza cittadino-istituzione.

In questo schema bipolare la Regione diventa sempre più sportello per il trasferimento di risorse. In questo contesto il declino dell’autonomia regionale sarda rischia di essere tanto più grave quanto più grandi sono le ragioni storiche, etniche ed economiche che hanno reso strumento non vicariabile del nostro autogoverno.

Ma, se queste erano le condizioni della verifica e della crisi del governo regionale, quali gli effetti sulla Sardegna?
E’ ormai acquisito che siamo rimasti fuori dal trend dello sviluppo nazionale e di quelle regioni del Meridione che hanno avviato grandi progetti di trasformazione, conseguendo significativi risultati.

Qualunque indicatore economico (e qualunque fonte si intenda citare) segnalano la crisi profonda della Sardegna, di cui 170.000 disoccupati sono solo l’aspetto più evidente. Non elencherò tutte le inadempienze della Giunta regionale, né i ritardi, né i grandi traguardi mancati, né il basso profilo dell’ordinaria amministrazione, né l’isterilirsi del rapporto Stato-Regione. Certamente il lungo periodo di non governo ha prodotto effetti dannosi per a Sardegna.
Quali le conclusioni della verifica?

i) L’insoddisfazione e non è cessata. Anzi è stata sottolineata in maniera forte dal corpo elettorale;

2) La sostituzione degli assessori si rivela sempre più esercizio impossibile; uno scambio d ruoli all’interno della stessa squadra appare un patetico ripiego.

3) Infine si ripropone la pregiudiziale riconferma delle alleanze, riprendendo il rituale degli incontri, della verifica, il gioco di Penelope dell’ineffabile club dei segretari della maggioranza. Tutto avviene in assenza di reale partecipazione e, spesso, informazione dei rappresentanti eletti del popolo sardo.

E qui risiedono le ragioni di crisi e di logorio del nostro istituto autonomistico. Di qui l’esigenza di ritornare dentro le istituzioni per confrontare tesi e progetti, in libertà, in spirito di servizio per la Sardegna.

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