Così si mortifica il Consiglio regionale

Così si mortifica il Consiglio regionale
Consiglio regionale, 28/07/1987

 

Rinvio delle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Giunta regionale.
PRESIDENTE. Comunico all’Assemblea che il Presidente incaricato di formare a nuova Giunta regionale, l’onorevole Melis, mi ha fatto pervenire ieri pomeriggio la seguente lettera di cui do lettura:
“Cagliari 28.7.1987
In adempimento del mandato di costituire la Giunta di governo della Regione ho constatato l’esistenza di concrete possibilità di concludere positivamente le consultazioni in atto. Onde consentire ai partiti ed a me la puntuale definizione delle linee programmatiche e politiche chiedo alla S. V. Onde ed al Consiglio di concedermi ulteriori ventiquattrore per l’esposizione in aula delle dichiarazioni programmatiche e la presentazione della Giunta.
Con deferente cordialità
Mario Melis”
Ricordo che, a termini di Regolamento sulla richiesta si deve pronunciare l’Assemblea: possono intervenire due consiglieri a favore, compreso il proponente, e due contro, Ha domandato di parlare l’onorevole Soro, Ne ha facoltà.

SORO (D.C.) Signor Presidente, a richiesta del Presidente della Giunta regionale, che peraltro noi in qualche modo abbiamo conosciuto dalla stampa, come tutte le altre cose che riguardano la crisi politica e la verifica da lungo tempo in corso, conferma le ragioni di grande preoccupazione che noi nutriamo circa il funzionamento di questa nostra Regione. La richiesta formulata dal Presidente non trova la nostra approvazione, anzi essa accresce, se è possibile, le ragioni del nostro dissenso sulla conduzione dell’interminabile crisi, che si è giocata su due piani: fuori dal Consiglio regionale e lontano dai problemi della gente. Da nove mesi il Consiglio regionale è sostanzialmente espropriato delle sue funzioni, non è centro della politica sarda; il Consiglio regionale, i suoi componenti seguono, attraverso i quotidiani e la stampa di informazione una vicenda che si svolge all’esterno della sede istituzionalmente competente a determinare al più alto livello la politica della nostra Regione.

Le Commissioni lavorano in un regime di crisi e quindi con una produttività che negli ultimi dieci mesi è stata inferiore alla media già non alta di questa legislatura. Si verificano fatti di estrema gravità: per la seconda volta si invia a Roma il programma di attuazione della legge 64 (programma nell’ordine di grandi cifre, intorno ai 1000 miliardi), senza il parere del Consiglio Regionale, soggetto importante nella programmazione dell’intervento straordinario, escluso dalle relative decisioni a causa del protrarsi della crisi e della verifica politica. Gli altri provvedimenti semplicemente non esistono, da nove mesi il ristretto circolo dei segretari regionali della maggioranza discute della composizione della Giunta regionale e della sostituzione di alcuni Assessori che non vogliono essere sostituiti, pone e rimuove rigidità, mentre pervengono ultimatum sempre più patetici da parte di forze politiche sostanzialmente residuali e marginali rispetto alla trattativa in corso.

Questa crisi esalta le ragioni dell’insoddisfazione rese palesi dagli stessi segretari dei partiti délla maggioranza, e ancor prima dai Congressi che i partiti della maggioranza hanno celebrato nel corso di questa lunghissima verifica; insoddisfazione resa palese dallo stesso Presidente della Giunta regionale, dagli Assessori, da tutti. Il corpo elettorale ha sostanzialmente sancito la persuasione che ad essere insoddisfatti di questo governo regionale siano i sardi, ed ha penalizzato pesantemente questo governo regionale con un segnale inequivocabile. Ma nel quotidiano inno all’insoddisfazione restano assenti i problemi della Sardegna, il malessere della società sarda, la crisi della nostra economia, il suo ripiegarsi progressivo nella condizione di allontanamento dallo sviluppo del Paese e dalle stesse Regioni meridionali più avvedute. In questo anno di crisi e mentre in Sardegna la maggioranza portava avanti la sua verifica si sono determinate nel Paese, nel Mezzogiorno, grandi trasformazioni, rispetto alle quali la Sardegna è stata assente. I problemi della gente – non lo diciamo noi, ma lo leggiamo nelle dichiarazioni formulate dal circolo dei segretari della maggioranza – le ragioni e i problemi della gente comune non fanno parte degli incontri e delle trattative, degli argomenti in discussione in questo circolo, non più aristocratico, ma direi patetico della politica sarda che si incontra ogni settimana da tanti mesi. Non discutono nemmeno di programma, pare: almeno tre volte noi abbiamo letto documenti nei quali si sanciva solennemente l’esistenza di accordi in ordine al programma di governo della Regione sarda, ma poi tutte le volte si riprendeva a discutere dicendo che si discuteva di programma. Anche oggi si chiedono 24 ore di rinvio del Consiglio regionale perché è necessario approfondire il programma! E allora delle due una: o il programma è definito e allora non è chiusa la verifica, perché non è stato perfezionato solo l’accordo politico, con la costruzione di un organigramma che soddisfa le esigenze di tutti quelli che in questo periodo avevano sollevato motivi di insoddisfazione, ma allora soltanto 24 ore per definire il programma ci sembrano poche.

Questa richiesta di rinvio, signor Presidente assume quindi una dimensione che non è mero fatto tecnico né può essere oggetto di comportamento di cortesia: d’altra parte i rapporti tra la maggioranza e l’opposizione, sono stati, signor Presidente, impostati su un registro di grande tensione. Il livello del confronto preliminare sui programmi con il partito che rappresenta la maggioranza relativa in questa Assemblea, e che è il partito con maggiore presenza sociale in Sardegna, non è mai stato, in questi tre anni improntato a grande apertura. Ma in questa crisi il Presidente eletto ha volutamente creato le condizioni perché questo confronto non ci fosse proprio, nemmeno incontrando il partito di maggioranza relativa, il più grande partito di opposizione presente in questo Consiglio regionale. E’ un fatto gravissimo, senza precedenti, offensivo nei confronti del partito che ha più rappresentanza, più capacità di portare dentro le istituzioni la società sarda. Non lamentiamo, non è questo il livello, signor Presidente solo l’offesa nei nostri confronti, ma il blocco politico, la regressione, la negazione di principi, di regole, di aperture finora mai negate.

C’è un solo modo, a nostro avviso, perché si possa riparare a questa rottura, a questo stravolgimento, grave, senza precedenti, di regole consolidate. Noi chiediamo che il Presidente eletto venga questa mattina in Aula, per riferire al Consiglio regionale sullo stato della crisi, sulle difficoltà che incontra, per far conoscere a noi la natura degli ostacoli che finora ha incontrato, ma prima ancora per riferire sullo stato della Regione qual è oggi, dopo tre anni di governo e dopo questa interminabile crisi, non necessariamente, se non sono pronte, per leggerci le dichiarazioni programmatiche, ma per tare un consuntivo di tre anni di Governo, che non possono essere rimossi come figli di nessuno e sui quali il Consiglio regionale deve discutere.

Il Consiglio stesso ha il dovere di discutere le ragioni della grande insoddisfazione che attraversa la politica sarda: deve arrivare ancora in Consiglio regionale la reale protagonista della politica sarda, cioè l’insoddisfazione. Dobbiamo sapere, abbiamo il diritto di conoscere le ragioni di questa grande insoddisfazione. Venga il Presidente, questa mattina, a riferire sul percorso accidentato dei suoi tre anni di governo, sui cambiamenti intervenuti in questi anni nella Sardegna, nella nostra Regione, sulla crisi della nostra economia, sulle strategie attuate dalla Giunta regionale per frenare e arginare la crisi, per invertire la rotta con atti di governo, per modificare i fattori che condizionano e tre- nano lo sviluppo della nostra Isola. Abbiamo l’impressione che questo consuntivo sia molto magro: tuttavia esso esiste, almeno a leggere il giornale, a leggere le dichiarazioni del Presidente che esprime al massimo livello una Giunta regionale che non è tuttavia fatta solo dal Presidente, ma in cui hanno grandi responsabilità tutti e cinque i partiti alleati. Abbiamo osservato una grande distanza, nei giudizi sugli atti di governo compiuti, tra quello che noi diciamo e pensiamo e quello che dice il Presidente; abbiamo letto tutti l’intervista resa dopo le elezioni, in cui il Presidente della Regione ha tracciato un consuntivo dell’operato della Giunta, e sono distanze enormi quelle che ci separano. C’è una divaricazione nei giudizi che non può essere riconducibile a sola vocazione per la propaganda da parte del Presidente o a sola strumentale opposizione critica da parte della Democrazia Cristiana, lo credo – noi crediamo – che esista una grande dissociazione all’interno della politica e delle persone che gestiscono la politica; una dissociazione per cui si ritiene che i programmi, le proposte di legge, gli intendimenti, la volontà di tare, i propositi, siano di per sé atti di governo, per cui si dice che il bilancio pluriennale è come se fosse fatto, che sono stati posti in essere processi di grande trasformazione della nostra economia, dei fattori che regolano lo sviluppo della Sardegna, che la procedura di spesa è stata accelerata, per cui i residui passivi in Sardegna sono diminuiti, e tante altre cose, che sono negli intendimenti della Giunta regionale, ma che non si sono verificati. Si tratta ancora di programmi e pertanto rimane una dissociazione tra quello che si vorrebbe tare e quello che si fa.

Noi vogliamo che su queste cose stamattina il Presidente della Regione venga a riferire in Consiglio regionale. Chiediamo che venga in Aula per discutere insieme al Consiglio regionale delle cose da fare, per sentire il contributo di tutti, anche il nostro, della Democrazia Cristiana, sul domani della Sardegna, sul domani della nostra autonomia, così mortificata in questi tempi, così ferita, così lontana dalla considerazione della gente, dalla dignità che in passato altri, anche l’onorevole Melis e il suo partito, avevano conferito a questa istituzione, per restituire insieme solennità e rappresentanza all’Assemblea più alta del popolo sardo. Noi avvertiamo, signor Presidente, questo bisogno e crediamo che i consiglieri della maggioranza – di quella passata ed anche di quella futura – avvertano anch’essi questo bisogno di riprendere la piena titolarità della loro funzione di eletti, di uscire dal ruolo nel quale sono a lungo costretti di spettatori di uno spettacolo sgradevole, perché anche l’indecenza, signor Presidente, ha un limite.

Onorevoli colleghi, se non prevalessero le ragioni della politica, valga almeno la vostra personale sensibilità per porre fine a questa farsa.

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