Una grande sfida

La Nuova Sardegna, 01/06/1990

 

La vertenza della chimica ha assunto giustamente i caratteri della questione generale della Sardegna. Al destino della chimica è legato quello dell’intero sistema industriale dell’isola e quello dell’industria è il perno su cui può ruotare – integrato e armonizzato – l’unico modello di sviluppo possibile per la nostra regione.

Giova ribadire la irrinunziabilità di questa scelta perché non si veda alle lusinghe di interessate sirene che insistono nel riproporci una dimensione estetica dello sviluppo, affidata esclusivamente al turismo e all’ambiente. Molti fattori concorrono a rendere straordinariamente complessa la con- giuntura in cui si gioca la partita. E in particolare:

1) La diffusa conversione al feticcio del “dio-mercato’ ha progressivamente condizionato scelte ed omissioni, sul terreno della politica economica, che producono effetti a valanga, inarrestabili. La deregolazione ha posto in discussione la titolarità del Governo e del Parlamento all’esercizio della programmazione.

2) La caduta di tensione meridionalistica e la comparsa delle Leghe, la crisi del regionalismo e il pessimo uso fatto dalle Regioni dell’intervento straordinario rimettono in discussione moduli organizzativi e strategie economiche della legge per il Mezzogiorno.

3) L’incompiutezza dell’assetto proprietario di Enimont, i fortissimi contrasti fra i management di derivazione ENI e quello di derivazione MONTEDISON, l’incertezza sulle decisioni del Parlamento in materia di agevolazioni fiscali, rendono scivoloso qualunque terreno di confronto.

4) L’industria delle aree forti, d’Italia e d’Europa, avverte problemi di saturazione della propria capacità produttiva. Le esigenze di parziale delocalizzazione, che ne sarebbero corollario, sono frenate da valutazioni connesse all’opportunità di nuovi investimenti (e affari) per le costosissime opere di risanamento ambientale.

In questo quadro si gioca per la Sardegna la partita più difficile. La mobilitazione popolare, l’impegno delle forze sociali, la convergenza dei partiti riflettono la consapevolezza del nesso inscindibile fra l’esito di questa vertenza e il destino più generale della nostra economia e quindi della qualità della vita in Sardegna per il futuro non remoto.

Si è creata, improvvisamente, una mobilitazione straordinaria: esiste una diffusa partecipazione dei sardi a questa vicenda e, forse, un supplemento di fiducia nella politica.
Per questo non dobbiamo sbagliare. Sarebbe uno sbaglio se, in una fase così delicata, prevalessero interessi particolari o di appartenenza.

L’incontro di Palazzo Chigi è stato preceduto da un intenso lavoro di consultazione e di concentrazione che ha dato forza di rappresentanza straordinaria all’Istituto dell’Autonomia regionale. A Roma Floris non guidava una delegazione della giunta, ma l’espressione unitaria e solidale del popolo sardo. La decisione di subordinare all’esito di questa vertenza la permanenza nella guida della Regione ha espresso compiutamente il grado di consapevolezza e responsabilità del presidente.

L’incontro di Palazzo Chigi non è stato risolutivo (ma chi, sinceramente, ha mai pensato che potesse esserlo?) e quindi è giusta la scelta, che tutti abbiamo condiviso, di mantenere lo stato di massima mobilitazione. E tuttavia non dobbiamo sminuire i risultati acquisiti.

Appaiono inutili e spesso contraddittorie le espressioni di delusione, sospetto e contrarietà manifestate in questi giorni in diversi settori politici. La prudenza necessaria per metodo e motivata dalle lunghe e ingloriose esperienze della presenza chimica nell’isola, non impedisce di esprimere, allo stato degli atti, un giudizio positivo.

Sarebbe un errore sottovalutarlo. Ma il cammino è ancora aspro. Conterà molto e sarà forse decisiva la nostra unità e, insieme, la capacità propositiva che sapremo mettere in campo.

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