Obiettivo Maastricht

Il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi presenta al Parlamento la Nota di variazione del Documento di programmazione economica e finanziaria. E’ l’inizio dell’Operazione Europa”, che porterà l’Italia a raggiungere l’”obiettivo Maastricht” entro i termini stabiliti: un grande successo dell’Ulivo, che vedrà premiato il coraggio di aver puntato sull’Europa fin da subito, nonostante le perplessità degli avversari.
Camera dei Deputati, 10/10/1996

Il ministro del Tesoro ha illustrato in questa Camera le ragioni di una scelta di governo tanto ineludibile quanto decisiva per le sorti del nostro Paese. Il ministro Ciampi ha tracciato, con l’autorevolezza della sua persona e con la sobrietà del suo stile, il contesto, lo sfondo di relazioni economiche ed istituzionali dentro le quali si muovono la manovra e la scelta politica che siamo chiamati a confermare: la decisione di anticipare al 1997 un percorso di risanamento della finanza pubblica. E’ questa una opportunità che in qualche misura appartiene da tempo al dibattito politico italiano. Il documento di programmazione economico-finanziaria e la manovra economica proposta dal Governo Dini un anno fa contenevano già nelle posizioni espresse dalle parti un giudizio intorno alla possibilità che noi potessimo dentro questo anno stabilire un’anticipazione dei tempi del risanamento dei nostri conti.
Lo stesso dibattito che ha circondato la decisione e gli orientamenti per lo scioglimento anticipato delle Camere si è giocato a lungo intorno al problema del risanamento dei conti e alla necessità di un tempo più stretto nel percorso di risanamento. Lo stesso documento di programmazione economico-finanziaria, che con questa nota viene aggiornato, contiene al suo interno la prospettiva di un giudizio che si rimanda all’autunno di quest’anno come momento per una valutazione appropriata.
Mi pare che due siano le questioni già emerse nel corso della nostra discussione. La prima attiene alla dimensione, alla cifra della manovra intorno alla quale la nota di aggiornamento stabilisce la misura con la quale si segna il tempo dell’anticipazione della manovra; la seconda attiene al giudizio intorno al presunto ritardo con il quale si è adottata questa decisione.
Voglio subito dire che è importante che la dimensione delle cifre proposta dal Governo non sia oggetto di discussione della maggioranza delle forze di questo Parlamento. Fatta eccezione per l’onorevole Pagliarini, direi che fra tutte le parti esiste infatti un giudizio concordante intorno alla congruità della misura che si è stabilito essere idonea per centrare gli obiettivi della convergenza con i parametri di Maastricht.
Noi valutiamo la “controfinanziaria” proposta dal Polo delle libertà così come deve avvenire in una democrazia compiuta in un Parlamento che abbia rispetto per le opposizioni, come il nostro punto di riferimento ineludibile nel giudizio intorno alle scelte che dovremo fare. Ebbene, questa “controfinanziaria” stabilisce la dimensione della manovra come congrua, utile, per centrare gli obiettivi della convergenza.
Il giudizio delle autorità monetarie internazionali e il giudizio del mercato, che più di tutti è puntuale nel valutare la congruità della manovra proposta, segnano inequivocabilmente un giudizio favorevole intorno a questa proposta.
Semmai il punto di contrasto è il tempo della decisione. Quest’ultima poteva essere adottata prima? Produce effetti negativi la scelta di adottarla in questo momento?
Senza infingimenti e senza ipocrisie dobbiamo dire che c’è stato, non solo all’interno del Governo, ma anche all’interno delle forze politiche nel nostro Paese e all’interno delle forze politiche e dei Governi dell’Unione europea un lungo momento di riflessione, di incertezza e di preoccupazione nella valutazione circa la possibilità di un tempo differente rispetto al momento della convergenza. C’è stata una valutazione ponderata, come si conviene a governanti che abbiano responsabilità e rispetto per i cittadini. Si è fatta una valutazione delle compatibilità dei fattori che concorrono a rendere praticabile il governo dell’economia: una valutazione delle compatibilità sociali. In questo quadro non possiamo tacere che il patto straordinario firmato dal Governo e dalle parti sociali per rimettere in moto il lavoro nel nostro Paese segna una cornice ineludibile per comprendere le ragioni per le quali il Governo e la maggioranza hanno pensato che fosse giusto percorrere la strada della convergenza entro il 1997. Si è fatta una valutazione delle compatibilità della nostra economia, specialmente in ordine alla possibilità di far convivere una eventuale contrazione della domanda interna con un’esigenza di rilancio della stessa economia. Si è valutato questo rischio insieme alla certezza che una scelta opposta avrebbe determinato un aumento dei tassi e quindi un effetto economicamente assai peggiore di quello causato dalla stretta prodotta dalla manovra sul nostro tessuto economico.
C’è stato un giudizio non frettoloso sull’andamento dell’inflazione e sulle prospettive di crescita dell’economia nel nostro continente. L’insieme di queste valutazioni è maturato in tempi reali, nei tempi di un orientamento che contestualmente è maturato nei paesi che maggiormente concorrono a formare quel governo europeo dell’economia.
Solo una visione faziosamente provinciale può ridurre questi processi e queste decisioni alla dimensione di emozioni e di suggestioni del turismo presidenziali.
Il governo non ha mai avuto incertezze sull’obiettivo finale. Non ha incoraggiato contrapposizioni e antinomie tra Europa ed occupazione. L’unione monetaria è condizione irrimediabilmente preordinata rispetto alla possibilità di creazione di nuova occupazione e di nuovo lavoro, che siano durevoli come lo sviluppo che può conseguire alla scelta della convergenza nella unione monetaria.
Il patto per il lavoro si regge solo all’interno di questa strategia. Per un Paese che trae gran parte del proprio benessere dalla domanda degli Stati che fanno parte dell’unione monetaria prossima ventura non può esistere la seria prospettiva di restare nel marcato unico senza la moneta unica.
In quest’ottica noi pensiamo alla ripresa dell’occupazione, che nel programma di Governo è fortemente intrecciata al risanamento delle finanze pubbliche e alla integrazione sempre più forte nel governo economico e politico. La strada passa per una riforma dello Stato sociale, dei rapporti tra intervento dello Stato ed economia.
Al di là della cortina di polemiche che accompagnano le fasi importanti della politica, alcune considerazioni mi sembrano ampiamente condivise. Il percorso del risanamento dei conti, avviato nel 1992, ha conseguito risultati straordinariamente positivi segnalati dall’avanzo primario e quindi appare ineludibile il fatidico passo finale per beneficiare di una significativa riduzione dei tassi di interesse.
Non si può realisticamente immaginare che, restando fuori dall’euro, sia possibile conservare inalterato l’attuale equilibrio economico e sociale del Paese e, particolarmente, gli istituti che hanno segnato i caratteri del nostro Stato sociale.
E ancora: l’illusione di poter rilanciare la nostra economia e la sua competitività giocando la carta della svalutazione si scontrerebbe con il sistema sanzionatorio che i paesi dell’euro imporranno a quelli esterni.
Infine, la pace sociale e la concertazione appartengono ormai al patrimonio positivo del nostro sistema. Nella valutazione dei costi e dei benefici siamo in grado di sopportare il gradualismo, altrimenti insopportabile, nell’attuazione della riforma previdenziale, quando misuriamo gli effetti straordinariamente positivi che la moderazione salariale ha prodotto nella lotta all’inflazione.
Qui, in questa dimensione, risiede uno degli snodi centrali della questione. Occorre uno sforzo prima di tutto culturale per adattarci a vivere in una economia priva di inflazione, perché si modifichino profondamente non solo i contenuti del negoziato tra le forze sociali, tra il sindacato e le organizzazioni dei produttori, ma anche i comportamenti dei cittadini e delle imprese.
Non è però questa l’occasione per entrare nello specifico dei contenuti e delle misure della manovra al fine di esprimere su di essi le nostre opinioni. Il merito sarà oggetto del nostro confronto nei prossimi giorni, un confronto che noi vorremmo serio e rigoroso.
Nelle proposte del Polo, nella “controfinanziaria”, al di là degli elementi ovviamente polemici e di quelli di propaganda che appartengono alla ritualità alla quale non sfugge in questo momento neanche il Polo della libertà, noi abbaiamo colto elementi di interesse per una riflessione che non voglia essere né frettolosa né presuntuosa. Ma la condizione perché il confronto possa dispiegarsi, perché non sia uno sterile né scontato esercizio retorico e parlamentare è rappresentata da un clima politico sereno.
Non mi riferisco, quando penso alla serenità, al clima di ieri sera. L’euforia dei gruppi di opposizione di ieri sera era legittima. Nella storia parlamentare un insuccesso della maggioranza – e quello di ieri sera è stato un insuccesso della maggioranza – ha sempre prodotto queste reazioni; ma questo episodio non cambia la storia della legislatura né cancella il risultato elettorale, non apre scenari nuovi.
Noi vogliamo dire che non si apre il dialogo sulla manovra economica ed ancor meno sulle riforme scommettendo sull’instabilità o sulla precarietà del Governo.
Nei paesi di democrazia matura, il rispetto delle opposizioni e la ricerca di un contributo non consociativo alle scelte di interesse nazionale è possibile proprio perché esiste da parte delle opposizioni stesse il rispetto dei ruoli. In questa dimensione noi vogliamo esprimere la preoccupazione dei popolari e dei democratici per una ricorrente inclinazione ad esasperare le garanzie regolamentari allo scopo di rendere inefficiente l’attività legislativa dell’Assemblea.
A nessuno sfugge la ovvia prevalenza di responsabilità della maggioranza, ma il ricorso frequente alla mancanza del numero legale come strumento di lotta politica appartiene ad una concezione non moderna delle istituzioni. La responsabilità del funzionamento del Parlamento, della sua dignità e della sua efficienza in nessun Paese civile è affidata in modo esclusivo alle maggioranze.
Noi siamo alla vigilia di una importante sessione di riforme, lungamente attese. Non credo che il tempo che ci separa dalle grandi riforme vada sprecato. Il nostro auspicio coincide con quell’idea di opposizione leale agli interessi del Paese secondo la felice e condivisa espressione evocata nella “controfinanziaria” del Polo delle libertà.
Siamo alla vigilia di scelte decisive per il futuro del Paese. l’Italia può coltivare una grande ambizione concorrendo non solo all’unione monetaria, ma più significativamente al governo politico dell’Unione europea, allargando il peso della nostra cittadinanza. Possiamo e dobbiamo superare il clima di incertezza che frena i comportamenti dei consumatori e gli investimenti delle imprese. Molto dipenderà dal comportamento della Camera nelle prossime settimane, dal nostro comportamento nell’esercizio del mandato parlamentare, dalla capacità che sapremo mettere in campo di sfuggire gli interessi particolari per cogliere il senso e le opportunità di questo tempo politico.
Esistono traguardi che non riguardano solo i Governi e le maggioranze, traguardi chele comunità nazionali hanno interesse a raggiungere. In questo senso noi popolari e democratici confidiamo si possa trovare il giusto regime di relazioni politiche perché la manovra economica che ci apprestiamo a definire sia la migliore di quelle possibili.

PRIVACY POLICY