Per l’accordo occorre essere in due

 

Per l’accordo occorre essere in due, 16/11/1989

Si è scritto che in Sardegna è crollato il mito della Rinascita come momento di grande unità delle forze politiche.
Forse da qualche anno, senza che ce ne rendessimo conto, l’unità era appunto un mito.
Può essere che l’affermarsi, con le elezioni del 1984, di un regime di democrazia compiuta, con l’alternativa possibile e praticata, abbia di fatto cancellato la categoria dell’unità come condizione dei rapporti politici non solo auspicabile, ma indispensabile per lo sviluppo dell’Autonomia.

Per quanto riguarda gli ordinari atti di governo questo è certamente avvenuto. Ne consegue un quesito d’obbligo. La straordinarietà del tema Rinascita è un dato obiettivo oppure è una proiezione delle nostre ideologie? Forse sono vere entrambe le cose.
Si riassumono nell’articolo 13 la dignità del rapporto della Regione con lo Stato, la statualista della nostra Autonomia speciale, il disegno delle coordinate di riferimento economico e istituzionale della Sardegna, all’interno delle quali si attuano gli ordinari atti di programmazione.

Il documento di indirizzi sulla legge di attuazione dell’art.13 dello Statuto esprime quindi il massimo della nostra capacità di progettare il futuro, il punto più alto di elaborazione politica dei partiti in Sardegna.
Non è un atto di governo: è una linea generale di governo.

Su un tema di questa portata l’accordo non può essere semplicisticamente considerato una condizione indispensabile, un atto dovuto nel solco delle tradizioni, un adempimento rituale. L’accordo è possibile, ma deve necessariamente passare attraverso un itinerario di grandi mediazioni di strategie differenti e rinunzia ad alcune posizioni considerate essenziali.

Mediazioni e rinunzie non sono elementi propri dell’ordinario rapporto fra maggioranza e opposizione: sono piuttosto caratteri peculiari del rapporto d’intesa.
L’intesa può essere perseguita, ma va considerata come un grande obiettivo politico: cioè va costruita, attraverso iniziative e qualità dei rapporti, da tutti coloro che hanno interesse a perseguire questo obiettivo.

Non è certo pensabile che questo interesse sia solo della minoranza.
Eppure nella vicenda di questa legislatura, la maggioranza che governa la Regione Sarda ha ritenuto di non attivare alcuna utile iniziativa, ha reso conflittuale il rapporto con la D.C. in un crescendo di provocazioni e omissioni.

La conflittualità ha prodotto contrapposizioni gratuite, ha progressivamente allargato il solco fra i partiti, ha investito in diverse occasioni il piano dei rapporti istituzionali fra Giunta e Consiglio.
Un atteggiamento d’arroganza e disinvolta indisponibilità al dialogo e al confronto da parte delila Giunta si è tradotta in un deterioramento progressivo dei rapporti con le stesse organizzazioni del sindacato e della produzione.

In questo clima appellarsi all’unità autonomistica diventa un esercizio di ipocrisia politica.
E tuttavia le divaricazioni attuali possono essere rimosse, la qualità dei rapporti fra i partiti può migliorare, momenti unitari possono ancora essere ricercati: nella distinzione dei ruoli, senza enfasi, ma per convinzione comune.

Anche sul tema della rinascita si può ritrovare l’unità delle forze autonomistiche. Il varo degli indirizzi in Commissione non è che una tappa: altre e più importanti devono venire.
La legislatura regionale è arrivata a metà del suo cammino: si tratta di non sprecare i trenta mesi che restano.

 

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