DC all’opposizione: quale identità?

DC all’opposizione: quale identità?
03/11/1984

I caratteri e gli obiettivi dell’opposizione in Consiglio regionale e il rinnovo della dirigenza del partito sono oggetto di una sofferta riflessione all’interno della Democrazia Cristiana sarda. Esiste una tendenza, non marginale, a ricercare le modalità, i rapporti, i temi e le alleanze utili ad un ribaltamento dell’attuale precario equilibrio che sorregge la Giunta Melis.

Questa linea trova ragione nei caratteri di equivocità che hanno contraddistinto il processo di formazione dell’attuale maggioranza. Non sfuggono i rapporti di competitività fra Psd’Az e Psi, il non trascurabile ruolo egemonico del Pci all’interno dell’Esecutivo, l’insofferenza comunista per le frequenti quanto inopinate manifestazioni di velleitario protagonismo del presidente, le tensioni insite in tutte le formule con “appoggio esterno”.

Ma l’esaltazione di questi aspetti rischia di privilegiare la dimensione tattica dell’azione politica della Dc sarda e relegare in posizione subordinata il problema più generale, strategico, come si usa dire. Che è quello di ridefinire l’identità del nostro partito in Sardegna, di verificarne il grado di collegamento con la società sarda nelle sue articolazioni vecchie e nuove, di coniugare i valori dell’Autonomia e la ditesa del popolo sardo con l’affermazione di una politica nazionale che si ispira ai valori della solidarietà. La Dc deve affermare con più chiarezza la sua collocazione nel dibattito sull’Autonomia.

Occorre uno sforzo di precisazione dei caratteri della specialità (rispetto al Paese e rispetto al Meridione) che è preliminare alla specificazione della riforma dell’istituto autonomistico, alla sua rinegoziazione con lo Stato. Né basta escludere, e a ragione, la categoria sardista della “separazione” per esorcizzare il problema di una Autonomia insufficiente.
La Regione non dispone di poteri strutturali adeguati a reggere il confronto con l’organizzazione della grande impresa economica e quindi a governare quei processi che in tutto il mondo occidentale hanno confini sovrarregionali e quasi sempre, sovrannazionali.

Si pone quindi il problema di come adeguare queste strutture, di quali poteri, quali strategie attivare per favorire la partecipazione dei sardi alle decisioni che li riguardano, per modificare il rapporto di dipendenza esistente in una condizione di autogoverno, per estendere i propri “terminali” in aree istituzionalmente più vaste.
In ragione di queste prospettive, la riforma dello Statuto può produrre risultati solo se si colloca all’interno di un disegno strategico di più largo respiro, di una politica che punti ad un più generale processo di risanamento della economia e delle istituzioni del Paese.

Tuttavia, nel dibattito democristiano, il problema dell’Autonomia regionale non può esaurire e, da solo, qualificare un progetto di riaffermazione della propria presenza in Sardegna. Siamo un partito nazionale che nella dimensione autonomistica porta tutto il patrimonio di una ispirazione ideale che ha più larghi orizzonti. Un’ispirazione ideale che troppo spesso il vecchio gruppo dirigente democristiano ha sottaciuto nel privilegiare il confronto quotidiano per il governo della Regione.
Viviamo, in tempi reali, il problema dell’alternativa di sinistra nella nostra regione e nell’intero Paese. Questa consapevolezza non ci spinge a smarrimento. E’ da questa consapevolezza che muove la necessità che il partito della Democrazia cristiana ritrovi per intero le ragioni della sua presenza politica.
Tradurre la difesa dei valori della nostra ispirazione ideale in azione politica e di governo, in collegamenti con la società che non siano labili rapporti elettorali, guadàgnare e mantenere il consenso di una società che dopo la disgregazione individualistica del postindustriale ricerca nuovi livelli di aggregazione politica. Tutto questo è difficile.
Richiede certamente fantasia e coraggio. Richiede l’unità di tutte le energie del partito. Ma richiede una dirigenza che non abbia speso il suo rapporto con la società nel governo di una fase diversa della nostra storia.
L’elezione del nuovo segrètario regionale, per i modi in cui è maturata, avvia un processo di ricambio della classe dirigente della Democrazia Cristiana che, al di là del necessano accordo generazionale, apre lo scenario di una nuova stagione.
Per essere attori in questa prospettiva non serve soltanto un certificato anagrafico, ma la piena coscienza dei nuovi doveri.

 

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