Discussioni sul bilancio 1985

Discussioni sul bilancio 1985.
13/03/1985

Disegno di legge sul bilancio e legge finanziaria.
E’ iscritto a parlare l’onorevole Soro. Ne ha facoltà.
SORO (D.C.). Signor Presidente, aleggia, in questa prima fase della discussione generale del bilancio e della legge finanziaria, un particolare clima politico, in relazione al quale l’onorevole Ladu, che mi ha preceduto, ha teorizzato la possibilità di seguire un doppio binario parallelo: la verifica e la discussione del bilancio che, a parer suo, sarebbero due argomenti che non devono reciprocamente interferire.
Ma è difficile per noi, onorevole Ladu, credere non tanto che non possano interferire nel futuro, quanto che le due cose non abbiano nel presente, e non abbiano avuto nel recente passato, modo di interferire anche negativamente. Abbiamo assistito tutti ai caroselli televisivi della verifica, alle dichiarazioni di alcuni partiti che con i loro comunicati ultimativi affermavano: “o è così oppure noi ci collochiamo all’opposizione, decideremo subito”. Quindi non noi ma altre forze politiche hanno detto che la discussione sul bilancio era un appuntamento cruciale che doveva costituire lo snodo attraverso il quale si sarebbe delineata una nuova fase politica per il governo della Regione.
Noi non conosciamo né immaginiamo gli esiti di questa vicenda, ma sappiamo che una Giunta, di fatto minoritaria, occupa il governo della Regione in uno stato di confuso disagio. Non ci preme tanto, però, in questa sede, mettere in discussione la legittimità questa Giunta a governare, quanto il problemi più complesso di evidenziare politiche e contenuti intorno ai quali si possa costruire una diversa maggioranza. L’esame della proposta bilancio e della legge finanziaria, deve quindi tradursi in una seria occasione per formulare un giudizio sui contenuti dell’azione di governo per chi si ponga in tale prospettiva, emerge chiaramente dalla lettura degli atti, dal disegno di legge, dalla impostazione generale dei bilanci e della legge finanziaria, e dalla ipotesi di gestione politica di questi due momenti, la profonda divaricazione esistente tra propaganda e fati concreti nell’attività di questo Esecutivo.
Siamo al 13 marzo, si sta concludendo il terzo mese di esercizio provvisorio, credo che questo sia un fatto incontrovertibile, e la formale presentazione del bilancio nel mese di dicembre si è rivelata un atto squisitamente propagandistico. E’ noto, infatti, che il disegno legge sul bilancio è stato consegnato ai consiglieri il 10 di gennaio, ma che alcuni atti rilevanti, sostanziali, allegati ad esso, sono pervenuti soltanto alla fine di febbraio. Per converso, la frettolosità con cui si è proceduto a presentare questa proposta di bilancio, si riflessa nella povertà di contenuti e nel basso profilo della manovra economica contenuta nei due disegni di legge.
Un primo dato che citava anche l’onorevole Ladu è questo: l’articolo I della legge finanziaria recita: “In deroga alle disposizioni di legge, omessa la predisposizione del programma di bilancio pluriennale”. Noi non poniamo, onorevole Ladu, un problema di legittimità di tale deroga, anche perché sappiamo che tale questione è stata posta in passato, né intendiamo riproporre il problema della mancanza di un allegato essenziale per qualificare i documenti contabili, poniamo però il problema di una totale assenza di cornice politica e programmatica. Manca cioè il riferimento ad una politica generale finalizzata a sostenere progetti ed interventi, collegata ad una visione programmatoria dello sviluppo, capace di cogliere le dinamiche e i processi che governano il mutamento e la crescita. Non è dato riscontrare alcuna concreta volontà di innovare istituti e strumenti operativi, benché siano emersi abbondantemente, in questi anni di dibattito e di confronto tra le forze autonomistiche, nuovi orientamenti in materia di incentivi, di delega agli enti locali, di programmazione territoriale, di credito e di servizi sociali e culturali.
Non approda alla dimensione reale il problema della ricerca e della innovazione e diffusione tecnologica nelle aree depresse, ma questo non avviene per caso, considerato che il dibattito sullo sviluppo, connesso al rinnovo della legislazione attuativa dell’articolo 13 dello Statuto, è scomparso dal confronto tra le forze politiche per una voluta e cosciente omissione della Giunta e della sua maggioranza. Eppure per alcuni partiti della maggioranza, per uno almeno, l’articolo 13 rappresentava, per esplicita ammissione, la sostanza stessa dell’autonomia, il punto centrale di tutte le opzioni. Si è modificata questa opzione? Ma se anche così fosse, noi, che dell’autonomia abbiamo una concezione meno riduttiva, crediamo che non si possa giustificare l’inerzia attuale della maggioranza e della Giunta. Il bilancio e le risorse regionali sono solo una parte, sebbene sostanziale, degli strumenti di cui si deve avvalere un serio disegno di programmazione in Sardegna.
Se da un lato non si prefigura il coordinamento delle risorse e degli strumenti, dall’altro viene svilito lo stesso bilancio ad un fatto tecnico contabile, privo di coordinate di riferimento. Noi chiediamo che ci sia un forte impegno del Consiglio, che, in considerazione dell’inerzia della Giunta, tenda a riaccendere il confronto e la discussione sull’articolo 13, sulla strumentazione complessiva, sul piano generale di sviluppo, sul coordinamento di tutte le risorse, perché si possa arrivare ad incidere veramente sull’emergenza in Sardegna.
Ma entriamo nel merito della manovra finanziaria: diciamo subito della politica delle entrate. Nello scorso mese di ottobre, l’Assessore delle finanze illustrò alla stampa e in Coni- missione una manovra composita, tesa a completare e a far crescere i risultati acquisiti con la riforma del Titolo terzo dello Statuto. Sono trascorsi sei mesi e non ci risulta che un solo passo si sia compiuto in tale direzione, né in sede tecnica, né in sede politica. In quell’occasione, l’Assessore delle finanze sottolineò la necessità di disciplinare con apposita legge il capitolo delle concessioni governative e le imposte di soggiorno. Sono inutilmente trascorsi sei mesi ma la Giunta non ha presentato alcun disegno di legge in materia. Le ipotesi dell’Assessore, a proposito del consolidamento della quota variabile dell’IVA e dell’imposta di fabbricazione degli oli minerali, sono ancora, appunto, delle ipotesi. Abbiamo la sensazione che questa Giunta, esaurita la fase dei tentativi, anche giornalistici, di ridimensionare la portata della riforma del Titolo terzo, stia dimostrando tutta la sua debolezza nel praticare una seria politica delle entrate.
Il settore della spesa avrebbe dovuto rappresentare il terreno più congeniale per adottare una politica di cambiamento e di svolta, dando concretamente ragione della opportunità di una un’alleanza nata all’insegna della contrapposizione rispetto al passato. Abbiamo cercato, senza pregiudizi e senza ostilità, di cogliere le modalità attraverso le quali l’assessore Satta e la Giunta hanno inteso risolvere il problema della rigidità del bilancio, e siamo, ci creda, Assessore, sinceramente delusi, perché questo bilancio è più rigido che mai. Il processo di parcellizzazione lamentato negli anni passati, non è stato corretto; cito per tutti I’articolo 23 della legge finanziaria relativo alle disposizioni in materia di agricoltura: esiste un comma “V”, manca, anche questa volta, solo quello “Z” e non per omaggio all’onorevole Zurru come sosteneva l’anno scorso l’onorevole Muledda — ma proprio perché non c’è stato il tempo per formulano. Si frantuma il bilancio in mille rivoli, perché ciò consente di promettere molto a molti e di dare poco a pochi, per usare una felice espressione dell’onorevole Satta.
Questo bilancio è un coacervo di Interventi frantumati, spesso contraddittori negli effetti indotti, sempre più pervaso da intenti assistenziali. Le voci relative ai contributi non sono diminuite di una sola cifra, nonostante vi fossero richieste esplicite in questa direzione avanzate in Commissione bilancio dagli operatori e dalle forze sociali organizzate, nel corso di una serie di incontri utili (scarsamente considerati dal capogruppo deI P.C.I.). Richieste tendenti a favorire il capitale di rischio e ad incentivare realmente l’impresa produttiva. Invece, tanto per cambiare, abbiamo ancora l’erogazione generica di contributi, ed è totalmente assente un qualsiasi criterio di selettività e di diversificazione degli incentivi all’interno dei settori. Valga per tutti l’esempio del settore dell’artigianato, dove appunto i rappresentanti della categoria chiedevano che fossero fatte scelte precise in ordine agli interventi, privilegiare le politiche dei progetti. Invece non abbiamo nessuna selettività degli incentivi neanche all’interno del territorio, in conformità alla tesi, ormai sostenuta pubblicamente dallo stesso Presidente della Regione, secondo la quale non esiste più una divaricazione, non si rileva più un’area depressa all’interno del l’isola e non esiste più il problema delle zone interne della Sardegna, che è stato cancellato dal vocabolario politico della maggioranza Per cui non c’è nessun riferimento alle zone interne della Sardegna, non c’è un capitolo di bilancio, né un articolo nella legge finanziaria che punti a diversificare ed a selezionare gli interventi all’interno del territorio.
Ma veniamo a quelli che sono stati considerati dalla Giunta e dalla maggioranza (o dire il vero più dalla Giunta che dalla maggioranza) i punti qualificanti di questa proposta di bilancio. Cominciamo dal primo, sbandierato in tutte le piazze, che è quello relativo ad una presunta inversione del rapporto fra spese per investimenti e spese correnti, e ad una riduzione (nell’ordine del 2,7 – 2,8 per cento) delle spese correnti. Uno lettura appena attenta della proposta di bilancio, fa emergere che questo è un colossale bluff che lo stesso onorevole Rais, esponente autorevole di questa maggioranza, ha contestato in una conferenza stampa, dimostrando che, al contrario, le spese correnti sono cresciute, Così nel settore delle opere pubbliche, che i un altro dei punti cosiddetti qualificanti, sii tentata la manovra di concentrazione, sotto lo stesso capitolo, di risorse che l’anno scorso venivano trasferite agli enti locali attraverso capitoli diversi, dando la sensazione di un sostanziale incremento delle risorse trasferite per opere precise in ordine agli interventi, privilegiano le politiche dei progetti. Invece non abbiano nessuna selettività degli incentivi neanche all’interno del territorio, in conformità ali tesi, ormai sostenuta pubblicamente dallo stesso Presidente della Regione, secondo i quale non esiste più una divaricazione, no si rileva più un’area depressa all’interno de l’isola e non esiste più il problema delle zone interne della Sardegna, che è stato cancellata dal vocabolario politico della maggioranza Per cui non c’è nessun riferimento alle zone interne della Sardegna, non c’è un capitolo di bilancio, né un articolo nella legge finanziaria che punti a diversificare ed a selezionare gli interventi all’interno del territorio.
Ma veniamo a quelli che sono stati considerati dalla Giunta e dalla maggioranza ( dire il vero più dalla Giunta che dalla maggioranza) i punti qualificanti di questa proposta di bilancio. Cominciamo dal primo, sbandierato in tutte le piazze, che è quello relativo ad una presunta inversione del rapporto fra spese per investimenti e spese correnti, e ad una riduzione (nell’ordine del 2,7 – 2,8 per cento) delle spese correnti. Una lettura appena attenta della proposta di bi lancio, fa emergere che questo è un colossale bluff che lo stesso onorevole Rais, esponente autorevole di questa maggioranza, ha contestato in una conferenza stampa, dimostrando che, al contrario, le spese correnti sono cresciute, Così nel settore delle opere pubbliche, che i un altro dei punti cosiddetti qualificanti, si è tentata la manovra di concentrazione, sotto lo stesso capitolo, di risorse che l’anno scorso venivano trasferite agli enti locali attraverso capitoli diversi, dando la sensazione di un sostanziale incremento delle risorse trasferite per opere pubbliche ai comuni e alle province. In realtà non c’è nessun incremento sostanziale, se non quello ottenuto su richiesta del nostro gruppo e limitatamente accolto, relativo ad un intervento selettivo nel settore delle opere pubbliche, per quanto attiene ai comuni minori. Si punta così non solo a trasferire risorse ma ad introdurre un criterio di selettività volto a soddisfare i bisogni elementari dei piccoli comuni, laddove non siano ancora stati soddisfatti.
Altri punti qualificanti: il fondo per l’edilizia residenziale e la ricerca scientifica, che la Commissione ha opportunamente soppresso. Noi non entriamo nel merito, perché evidentemente su questi temi la D.C., che a suo tempo li ha proposti nel bilancio del 1983 e nella “finanziaria bis”, non può che essere d’accordo. Si pone però il problema di un ritardo colpevole in quanto, attraverso la finanziaria, si intendevano introdurre nuove ed autonome disposizioni legislative, pur sapendo che la Commissione ed il Consiglio avrebbero comunque soppresso questi interventi. Si è avuto un ritardo nell’attivazione di questi interventi per carenza di iniziativa della Giunta che, a tutt’oggi, non ci risulta abbia presentato appositi disegni di legge. Per questo noi abbiamo dovuto farci carico, pur di provocare un’iniziativa legislativa, di presentare un nostro progetto di legge. Si è trattato di un ritardo colpevole, perché nessuno poteva pensare che quei due articoli della legge finanziaria, che erano stati per unanime volontà del Consiglio soppressi in passato, potessero oggi, per chissà quale miracolo, essere accolti dal Consiglio e dalla Commissione nella identica formulazione letterale. Si sapeva che sarebbero stati soppressi, ma, anziché proporre un disegno di legge ed accantonare già dall’inizio nei nuovi oneri queste risorse, si è preferito precostituirsi argomenti di tipo propagandistico, relativi presunti elementi di innovazione contenuti in questa proposta di bilancio e in questa proposta di legge finanziaria.
Altro punto qualificante: l’impegno d 150 miliardi della legge numero 28. Noi non lo riteniamo particolarmente qualificante, in quanto è una acquisizione della passata legislatura che ha prodotto la legge 28, per Ia quale il presidente Rojch (insieme all’assessore Mannoni), a suo tempo, aveva sottoscritto u protocollo d’intesa con le forze sindacali, decidendo di impegnare 150 miliardi complessivamente tra il 1984 e il 1985. Il rispetto di un precedente impegno e di un protocollo stipulato da un’altra Giunta, non possono rappresentare, a nostro parere, atti qualificanti di una nuova Giunta regionale. Infine, per quanto riguarda il fondo per gli investimenti e l’occupazione (il FIO) come istituto, noi non abbiamo ragioni di opposizione pregiudiziale, anzi, lo riteniamo uno strumento positivo di operatività se si accolgono (e noi le formuleremo sotto forma di emendamenti) alcune specificazioni. Non vorremmo, infatti, che il FIO, così come è presentato nell’articolo apposito della legge finanziaria, rappresentasse, anziché uno strumento di incentivazione dell’occupazione e degli investimenti, uno strumento di sperequazione ulteriore all’interno del territorio regionale e delle aree depresse della Sardegna. Perciò noi proporremo che gli interventi del FIO siano finalizzati, sostanzialmente, al riequilibrio territoriale. Riteniamo altresì che la valutazione dei progetti non debba essere direttamente rimessa all’Esecutivo come fatto politico, ma che il nucleo tecnico di investigazione sia costituito dallo stesso Centro regionale di programmazione.
In questa logica noi crediamo che il FIO, opportunamente integrato dalla Commissione bilancio, possa rappresentare uno strumento positivo. In Commissione bilancio gli strumenti finanziari sono stati ampiamente depurati, è stato emendato il bilancio con l’introduzione di notevoli variazioni rispetto alle proposte originarie, molte delle quali tendenti ad invertire la tendenza all’accentramento e alla discrezionalità della spesa e ad immobilizzare una parte delle risorse nel settore dei servizi sociali e delle opere pubbliche. E tuttavia, nonostante l’impegno di tutti i commissari, l’impostazione era tale che non esistevano margini per una sua trasformazione realmente positiva.
Il giudizio che noi diamo di questo bilancio, che rappresenta una parte importante, fondamentale dell’attività di una maggioranza e di un esecutivo, nonostante l’assenza di gran parte dei componenti della Giunta nell’attuale fase della discussione generale (sembra quasi che il presidente Melis e gli altri assessori considerino il bilancio e la finanziaria come una pratica spettante esclusivamente all’assessore Satta, quasi come se dovesse rispondere ad una interpellanza), è quindi totalmente negativo perché non favorisce lo sviluppo ma, anzi, tende a fare il contrario. E’, d’altra parte, il riscontro palese di una situazione politica precaria, contraddittoria e confusa.
Noi abbiamo, in diverse occasioni, espresso giudizi critici sull’operato della Giunta regionale e del suo Presidente, il quale ha sempre replicato che questa Giunta sta lavorando con impegno per assicurare alla Sardegna il miglior governo possibile. Oggi noi diciamo che questa Giunta non lavora ma fatica, il che è diverso. Fatica nell’esercizio impossibile di coprire con la propaganda il vuoto di governo, fatica senza gratitudine perché in quest’aula ci sono partiti che hanno assunto la responsabilità di prorogare l’esperienza della Giunta Melis e di ritardarne le dichiarazione di fallimento. Ma le ragioni vere di questa proroga, di questo rinvio, non sfuggono certamente alla maggioranza, al presidente e in particolare agli assessori di questo Esecutivo.

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