Riprendere il filo di una proposta

Il Popolo, 18/06/1999

 

Il senso politico del voto del 13 giugno, forse è bene ripeterlo anche tra noi, se per un verso indica la fine di una storia, per un altro segna l’avvio, o meglio la ripresa di un’altra storia. Erano i primi di marzo, e quindi un’epoca non sospetta, quando sul Popolo avanzai una riflessione sulla “partita doppia” che nei mesi successivi avremmo avuto davanti a noi. Da un lato le scadenze del referendum, del Quirinale, infine delle elezioni europee e amministrative. Dall’altro, il complicato evolversi della dinamica politica più generale del paese tra il bipolarismo e i sussulti di un vecchio modo di concepire e di fare la politica.
Le elezioni europee, imperniate sul sistema proporzionale – era la preoccupazione espressa in quella riflessione – sarebbero diventate fatalmente il catalizzatore di un soprassalto di conflittualità dei partiti, di tutti i partiti, dentro le stesse aree di appartenenza, in vista della conta del 14 giugno.
Pur denunciandolo, questo gioco rischioso, ci siamo poi caduti dentro, ed è derivata da qui la perdita di consenso che ha punito in modo particolare i Popolari. Credo che fra noi dobbiamo riconoscerlo con spirito di verità: il partito nel suo complesso, non questo o quel leader, è apparso ripiegato culturalmente su un disegno, su una concezione della politica che oltretutto – questo è il paradosso – non ci appartiene più: una concezione basata sulla forza dei singoli partiti invece che su quella delle coalizioni.
Parlo di forza, non di identità, perché il dato dell’identità, dei propri valori, deve e può convivere bene dentro una coalizione: la alimenta, la arricchisce, evita che la coalizione diventi un indistinto partito unico, mosso d un pensiero unico, circostanza questa che segnerebbe l’impoverimento del tessuto politico del paese.
Il risultato elettorale è stato esasperato in parte dalle tecniche di propaganda, dagli spot, dall’uso spregiudicato dei mezzi televisivi. Ma faremmo torto all’intelligenza degli italiani se volessimo ricondurre principalmente a questo la causa delle sconfitte e dei successi registrati dal voto.
Io credo che l’elemento di gran lunga più determinante, specie riguardo ai Popolari e al centro sinistra, sia stata la sensazione offerta ai cittadini che i partiti cercassero un recupero della loro forza a scapito della coalizione di appartenenza, dopo aver predicato fino a ieri che era invece la coalizione il soggetto aggregante di una nuova visione della politica e del rapporto tra partiti e istituzioni.
Estremizzo questo dato non per farne un motivo di scandalo ma di riflessione sulle prospettive che adesso si aprono perché, come dicevo all’inizio, il voto del 13 giugno segna la fine di una storia ma anche la ripresa di un’altra storia che pure ci appartiene e che in questi anni abbiamo contribuito a scrivere.
Conseguentemente, la nostra identità, il nostro popolarismo devono tornare ad arricchire i contenuti programmatici della coalizione di centro sinistra, insieme con gli altri, non a marcare la nostra diversità dalla coalizione. Bisogna innescare un processo che sia insieme di aggregazione e di semplificazione dei rapporti interni alla coalizione. Tante percentuali troppo esigue rischiano, se rimangono divise, di non riuscire a sommarsi, né quantitativamente né politicamente. Comprendere un errore compiuto è il primo passo per rimediare all’errore.

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