La Repubblica, 03/12/1998
Presidente Soro, sulla legge elettorale la maggioranza è divisa e nel suo stesso gruppo Prodi e Maccanico sostengono il doppio turno di collegio alla francese e guardano con favore al referendum.
Sulla legge elettorale non ci sono mai state posizioni di maggioranza o di governo, e nel nostro gruppo, che è un gruppo federato, abbiamo avuto spesso punti di vista anche lontani. La posizione di Prodi e di D’Alema non è una novità, Prodi la sosteneva già quando era a palazzo Chigi. È un punto di partenza per la discussione: anche il vicepresidente del gruppo Franco Monaco, nel presentarmela, mi ha detto: sono posizioni di bandiera.
La vostra bandiera è il doppio turno di coalizione.
Sì, ma sono comuni a tutti gli obiettivi di fondo su cui dovremo trovare una convergenza. Vogliamo consolidare il sistema bipolare, creare stabilità, dare ai cittadini la titolarità della scelta della coalizione. Nel doppio turno di coalizione i partiti si presentano fin dal primo turno come coalizione, appunto, e indicano il premier. Al secondo turno scatta il premio di maggioranza, che assicura la stabilità. Si centrano meglio gli obiettivi di cui parlavo, insomma.
Nel doppio turno di collegio, invece?
Manca la coesione programmatica, che è un punto di forza: un’alleanza vince se, come era per l’Ulivo, ha un’anima, un programma comune. Qui invece tutti vanno sparsi, in competizione e in conflitto fra loro. Una corsa l’uno contro l’altro che lascia qualche cicatrice al secondo turno.
Veltroni sostiene l’utilità del referendum.
Io dico invece che questo referendum non risponde alle nostre esigenze. Non assicura la stabilità.
In che senso?
Se il referendum avrà successo succederà che nei collegi viene eletto il votato e un certo numero di secondi. Ma non è detto che l’insieme degli eletti corrisponda alla maggioranza, i secondi possono anche appartenere all’opposizione. Voglio dire: il referendum procede alla riforma per sottrazione, toglie, aggiusta, ma non risponde a un progetto costruttivo. Fatto il referendum bisognerà fare la legge elettorale, lo riconoscono anche coloro che lo propongono. Allora facciamola subito, la legge.
Non sembra un obiettivo a portata di mano.
Io dico invece che c’è una via d’uscita, che è terza rispetto alle due proposte in campo. Potremmo andare verso un sistema simile a quello del Senato, per esempio. Basta avere la volontà di trovare un’intesa.