Cambiamo strada

L’Unità, 28 Novembre 2007

Il dibattito di questi giorni sul protocollo sul welfare ha messo in luce il bisogno di un serio ripensamento dei meccanismi della concertazione con l’obiettivo di garantire maggiore efficacia decisionale e, contestualmente, di evitare inutili tensioni tra i diversi soggetti coinvolti. La concertazione con le parti sociali e i corpi intermedi rappresenta un dato acquisito, anche a livello comunitario per la definizione di materie rilevanti sul piano economico e sociale, nonchè una importante conquista della democrazia e della sua capacità di esprimere scelte effettivamente partecipate”.

Non dobbiamo far morire questa preziosa esperienza perchè quando in passato è stata interrota sono cresciute le tensioni sociali e si è mancato l’obiettivo delle riforme. Semmai è indispensabile trovare meccanismi che assicurino la presenza ai tavoli di concertazione dei giovani, dei disoccupati, dei lavoratori precari, oggi sostanzialmente assenti.
Noi sappiamo che il sindacato italiano ha dato prova di straordinaria responsabilità nei momenti più delicati della storia repubblicana e sappiamo anche che la recente prova di partecipazione di lavoratori e pensionati in occasione del referendum segna una splendida pagina per la nostra democrazia.

Ma sappiamo, per converso, che in occasione dell’odierno voto di fiducia alla Camera sul protocollo welfare l’autonomia del Parlamento è stata in qualche modo messa in tensione per una implicita e consapevole rinuncia della maggioranza ad emendare il testo oggetto di accordo tra governo e parti sociali.

Ci siamo trovati difronte ad una scelta difficile: tra la condizione di un governo che non onora i propri accordi e quella di un parlamento che si trasforma in un luogo acritico di ratifica. In questa circostanza sono prevalse una realistica mediazione non priva di sofferenze e una prova di serietà delel forze politiche più responsabili.

Da questa vicenda traggo la conclusione che siano maturati i tempi per una riconsiderazione non priva di sofferenze e una prova di serietà delle forze politiche più responsabili.
Da questa vicenda traggo la conclusione che siano maturi i tempi per una riconsiderazione generale delle procedure della concertazione. Non si tratta di adottare nuovi provvedimenti di legge o addirittura modifiche costituzionali. Penso che sarebbe sufficiente modificare soltanto alcune prassi, restituendo ad ogni soggetto coinvolto nel processo decisionale il ruolo che gli è proprio. Questo potrebbe avvenire rovesciando l’iter sin qui seguito.

oggi il governo concerta l’accordo con le parti sociali fin nei minimi dettagli, quindi lo trasforam in un disegno di legge che sottopone all’approvazione del Parlmento. E’ qui che avviene la frizione.
E’ pertanto auspicabile rivedere il percorso articolandolo in tre fasi: una legge delega, la concertazione propriamente detta e un decreto delegato.
Il Parlamento può definire oggetto, principi e criteri direttivi, nonchè il termine per la conclusione del procedimento.
Sulla base di questa delega il governo convoca le parti e avvia il processo di concertazione che a questo punto si presenta più facile essendo già stati stabiliti gli obiettivi da perseguire e i tempi nei quali è necessario trovare l’accordo. Definita l’articolazione della legge nel dettaglio insieme alle parti sociali il governo può emanare il decreto legislativo, con efficacia immediata delle norme e delel misure concertate.

Per poter garantire i risultati sperati queste innovazioni richiedono però una sorta di gentlmen agreement tra tutti i soggetti interessati. E’ evidente che il Parlamento dovrà attenersi, nella predisposizione della legge delega, alla definizione dei principi e non pretendere di entrare nei dettagli. Allo stesso modo è opportuno che governo e parti sociali rispettino e non travalichino l’oggetto e i tempi della delega così come predisposti dalle Camere.
La concertazione è un valore per la nostra democrazia: confido che la responsabilità di tutti possa assicurare innovazioni tali da garantire a tutto il paese una maggiore efficienza e funzionalità delle istituzioni. E questo che i cittadini ci chiedono.

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