Una disputa barocca

Il Popolo, 22/07/1999

 

Dopo il giugno elettorale viviamo con qualche affanno il tormentone del “vertice” della coalizione di maggioranza, preceduto da innumerevoli affermazioni di buoni principi e spesso mediocri disponibilità. Il partito dei Ds, con diligente puntualità, ha indicato la sequenza di incontri programmabili, da quello degli amministratori locali, passando per i parlamentari, fino all’incontro dei leader di partito.
Noi popolari non abbiamo alcuna remora, assumendo il giudizio che ognuno di questi incontri avrà quantomeno l’utilità di smaltire le scorie di una conta lacerante nei contenuti della politica e nelle relazioni personali. Ma vorremmo sommessamente suggerire a tutti gli alleati di non scambiare questo o quell’incontro, questi “eventi” con la risposta ai problemi del centrosinistra italiano, aspramente sottolineati dal dibattito parlamentare del 7 luglio scorso.
Il tarlo della frammentazione ha consumato più rapidamente di qualunque prevedibile ipotesi il patrimonio di coesione politica che aveva accompagnato la nascita e i successi del governo Prodi. Nei mesi scorsi si sono stratificati con durezza elementi di distinzione sui temi di programma, nel nome di una esasperata volontà di conquista del mercato politico di nicchia, alimentata dal sistema proporzionale presente alle elezioni europee. L’azione di governo è come rallentata da questo clima. Dobbiamo farci carico di invertire la rotta, senza inutili accelerazioni, senza pretese di primogeniture o peggio di egemonie, senza scorciatoie. Con serietà ed equilibrio . Due gli obiettivi ineludibili: una più convincente offerta di governo sui temi del lavoro, della sicurezza dei cittadini e dell’efficienza dello Stato. Si misura su questo terreno il rapporto di affezione tra i cittadini e la politica, e cresce o declina, su questa frontiera, il consenso per i governi. Appare del tutto evidente che il traguardo di una ridefinizione degli obiettivi programmatici e dell’agenda praticabile degli impegni per i prossimi venti mesi è conseguibile solo a condizione di una generale consapevolezza del comune destino che lega tutte le componenti di questa alleanza.
E infine, un obiettivo di reale semplificazione della struttura del centro sinistra italiano. Il superamento della frammentazione è interesse di tutti: la convenzione bipolare si è radicata nei comportamenti elettorali degli italiani e l’orizzonte maggioritario delle prossime elezioni politiche condizionerà in futuro tutte le nostre scelte.
E’ di questi giorni una disputa un po’ barocca in ordine alla convocazione di un “tavolo” per l’Ulivo 2001: secondo i Democratici, occorrerebbe prevedere due tempi; secondo altri, tutta l’attuale maggioranza ha titolo a partecipare al rilancio di un progetto di lungo periodo.
Se davvero abbiamo interesse – noi Popolari l’abbiamo – ad un rilancio dell’alleanza riformista per governare l’Italia nella quattordicesima legislatura in una cornice di chiarezza e in assenza di artificiose desistenze, è chiaro che il centrosinistra dovrà essere il più largo possibile. Pare evidente che solo il partito dell’onorevole Buttiglione ha ripetutamente escluso una valenza strategica per questa maggioranza, nella considerazione – rispettabile ancorché non condivisibile – della prospettiva di un centro alternativo alla sinistra.
Meno chiari sono i termini della questione nel giudizio del senatore Cossiga: si tratterà di verificarlo con serenità e reciproco rispetto. Le altre componenti della maggioranza hanno espresso con chiarezza la volontà di trovare un’intesa politica e programmatica per una offerta di governo forte e persuasiva nell’orizzonte del 2001. Per questo sarebbe utile una rapida ripresa del confronto politico, liberato da nominalismi che affondano le radici nel passato, declinati con un di più di inutile superbia. Noi siamo pronti.

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