Fecondazione, diritti e mistero

La Nuova Sardegna, 12/02/1999

 

Non si attenua il clamore – in verità più affidato all’enfasi delle polemiche che alla misura del ragionamento – suscitato dal contrastato percorso parlamentare della legge che disciplina la procreazione assistita. La Camera ha deciso – con il voto, esplicitamente dichiarato, dei popolari – il divieto delle tecniche di fecondazione in vitro che utilizzano gameti estranei alla coppia, provenienti da una “banca” in cui vengono raccolti e conservati fino a cinque anni.
La decisione, prevedibile e prevista, ha scatenato una violenta reazione di quanti ritengono che in questo modo vengano lesi i diritti della coppia. Io avverto in questa polemica il rischio di una incomprensione ma, insieme, i presagi di una nuova diaspora.
Gli straordinari progressi della scienza propongono nuove sfide alla nostra generazione: possibilità finora inedite di dominare la natura rischiano di suscitare il miraggio dell’onnipotenza, il sogno di entrare senza limiti nel mistero della vita che nasce.
La questione non consiste nel dare o negare una opportunità alle coppie sterili che desiderano avere un figlio: negare per legge tale opportunità di per sé sarebbe incomprensibile. Questa – peraltro – è la rappresentazione prevalente, nella divulgazione mediatica, del voto della Camera sulla fecondazione assistita; un’interpretazione ancor più severa considera che vi sia stata, in questo caso, una prevaricazione dei cattolici sul carattere liberale dello stato laico, quasi una pretesa di subordinare l’ordinamento italiano alla morale cattolica.
Noi pensiamo che lo stato laico debba tutelare i diritti dei cittadini. Ma quando due diritti tendono a confliggere occorre ricercare una composizione. E fra il diritto delle coppie sterili ad avere un figlio e il diritto del figlio ad avere una identità biologica, affettiva e antropologica, noi pensiamo che lo stato laico debba privilegiare il più debole e indifeso.
Ma la questione è in verità più complessa. La fecondazione assistita si inserisce nel più vasto dibattito sulle nuove frontiere della bioetica, e ci pone una domanda: la scienza deve essere funzionale alla persona o è forse vero il contrario?
Non tutte le innovazioni tecnologiche sono indifferenti rispetto al destino dell’umanità. Dovremmo trovare un criterio rigoroso e severo per decidere quanto sia indispensabile e quanto sia utile introdurre tecniche artificiali nel ciclo biologico della riproduzione umana. Il criterio del “desiderio legittimo” di un figlio non è sufficiente. Volendo provocare, potremmo chiederci: è legittimo desiderare un figlio con gli occhi chiari e i capelli biondi? Certamente lo è. Ma sarebbe lecito soddisfare questo bisogno attraverso la manipolazione dell’embrione? Dove interviene il confine tra il diritto ad avere un figlio e il rispetto per l’integrità della vita? Il destino dell’umanità è l’orizzonte su cui si staglia l’incertezza di chi vive queste scelte come interrogativi severi ed esigenti, e non come frettolosa ostentazione di pregiudizi.
Noi abbiamo ritenuto inammissibile la possibilità di “confezionare” un embrione come un prodotto artificiale di materiali biologici di provenienza estranea alla coppia. Abbiamo ritenuto che questo tipo di intervento possa aprire un varco in un campo che ha bisogno di punti fermi e certezze per non sconfinare impercettibilmente nella deriva dell’eugenismo.
Si obietta che in molti paesi la fecondazione eterologa è consentita: si potrebbe aprire una strada per i “viaggi dell’eterologa”. E quando in Giappone, in America o anche in Francia fosse consentita la clonazione umana, noi dovremmo adeguarci, per evitare un viaggio a chi ha questo desiderio?
La nostra valutazione su una legge che siamo stati chiamati a votare per rimediare, lo ricordiamo, a una situazione di totale assenza di regole, ha provocato una divisione trasversale agli schieramenti di governo e opposizione, e ha sollevato un’inutile e antistorica disputa su un presunto ritorno del “partito cattolico”. Troppi esegeti della carta stampata sembrano dimenticare che una materia come questa – che investe la coscienza di ogni singolo parlamentare indipendentemente dalle sue convinzioni religiose – non è, né potrebbe esserlo, oggetto del programma di governo.
Non ci interessa un bipolarismo fondato sulla contrapposizione tra Guelfi e Ghibellini. E sarebbe bene che il confronto sulla fecondazione assistita non fosse utilizzato in modo strumentale. L’opposizione – che ha visto crearsi anche al suo interno una differenza di valutazione tra laici e cattolici – dovrebbe rinunciare a una lettura politica di questo voto. Ma questo vale anche per quella parte della sinistra che sembra vivere con una eccitazione sopra le righe il confronto sui temi della bioetica.
Per parte nostra, proponiamo di non utilizzare queste scelte e questi temi nella imminente campagna elettorale, e invitiamo i cittadini a diffidare di quanti lo faranno.

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