Il Banco di Napoli, investimento non salvataggio

Il 23 ottobre ’96, alla Camera, la dichiarazione di voto a nome dei popolari e democratici su un problema che poneva in gioco la dignità del Meridione, oltreché le sorti del maggiore istituto di credito del Mezzogiorno.

 

I popolari e democratici voteranno la fiducia al Governo e desidero accompagnare questa nostra decisione con due valutazioni sul merito del provvedimento e sulla questione politica, che oggi mi sembra prevalente.
Nel merito, questo disegno di legge di conversione traduce in un testo utilmente innovativo rispetto al precedente la volontà del Governo di affrontare con serietà e trasparenza il problema della crisi del Banco di Napoli. Le ragioni della crisi, la complessa storia della gestione del gruppo Banco di Napoli, la più complessa storia di relazioni tra l’economia del Mezzogiorno ed il sistema di credito del Mezzogiorno, che in un rapporto circolare si sono inseguiti diventando causa ed effetto di un alterato processo di sviluppo, la storia delle relazioni del Banco di Napoli con i gruppi imprenditoriali esterni al Mezzogiorno: tutto questo è premessa ineludibile al provvedimento in discussione, ma in concreto superata e consapevolmente, visibilmente separata da un forte atto di discontinuità nella guida e nel disegno di strutturazione che il Governo propone per il Banco di Napoli e che di fatto ha già attivato. Sarà una Commissione di questo Parlamento ad accertare fatti, responsabilità e processi distorsivi che in qualche modo hanno segnato il passato del Banco di Napoli. Oggi il Parlamento è chiamato ad esprimere il proprio consenso su una scelta che riguarda il futuro. Nessuno ha seriamente sostenuto in quest’aula – né fuori di qui – la scelta alternativa di liquidazione coatta del Banco di Napoli: la chiusura, cioè il fallimento di una banca tra le più antiche del nostro Paese, tra le più radicate nel rapporto fiduciario con milioni di cittadini che ne fanno una delle prime sette nel nostro Paese. Altri colleghi – ricordo tra tutti l’eccellente intervento dell’onorevole Piccolo – hanno chiarito gli effetti devastanti che una simile prospettiva potrebbe eccitare non solo nell’economia del Mezzogiorno, ma anche sul più generale terreno della credibilità internazionale del nostro Paese. Abbiamo colto ancora una volta nelle posizioni di contrasto sostenute dai deputati della lega un insopportabile pregiudizio territoriale che nella povertà dei mezzi culturali viene ostentato come un giudizio antropologico radicale e distruttivo. Noi vogliamo confermare anche in questa circostanza il nostro impegno per il governo di un Paese nel quale sia possibile assicurare a tutti un uguale diritto di cittadinanza e non potremo mai condividere una congettura secondo la quale gli aiuti all’economia del Mezzogiorno rappresentano uno spreco assistenziale e gli stessi aiuti, operati al nord, sono un sostegno all’impresa. Non rinunceremo alle nostre convinzioni e al nostro impegno per vincere squilibri e disunità proprio nel momento in cui siamo protesi a guadagnarci una forte e durevole cittadinanza europea.
Condividiamo il giudizio del governatore della Banca d’Italia, secondo il quale l’intervento proposto per il gruppo del Banco di Napoli è un investimento e non un salvataggio. Se l’ostruzionismo della lega non avesse impedito un serio confronto, l’apporto serio e responsabile dei parlamentari della maggioranza e dell’opposizione avrebbe forse contribuito ad un ulteriore miglioramento della qualità del decreto. Desidero in questo senso segnalare al Governo e al Presidente che, per ragioni connesse alla procedura della fiducia, è stato ritirato un ordine del giorno a firma Piccolo, Pistone e Cennamo: Il Governo ne conosce il contenuto e, per quanto mi è dato sapere, ne condivide le intenzioni. Sappia il Presidente che la fiducia che ci accingiamo ad esprimere è intensamente arricchita dalla convinzione che il Governo saprà corrispondere alle aspettative contenute in quell’ordine del giorno.
Correttamente il confronto si è dispiegato, nei tempi in cui è stato possibile operare il confronto, intorno agli obiettivi che l’operazione di risanamento deve centrare ed alle garanzie entro le quali questo deve avvenire. Pensiamo che il percorso indicato dal Governo sia positivamente praticabile; significative tappe dei quel percorso sono già maturate, sia in termini di accertamento delle effettive condizioni patrimoniali sia in termini di riduzione del costo del personale, di cessione di sportelli, di riduzione delle reti estere.
Il Banco di Napoli può, nei nostri auspici, riprendere un cammino virtuoso dentro il sistema di competizione, esigente e rigoroso, del mondo del credito nel nostro Paese, che ci rifiutiamo di considerare come una somma di segmenti separati di territorio, bensì come una storia di uomini e donne che hanno comuni radici e perseguono uguali destini.
Pensiamo che il risanamento del Banco di Napoli sia utile nell’interesse del Tesoro, nell’interesse dell’economia meridionale, nell’interesse del sistema credizio italiano, così intensamente intrecciato ed interdipendente, così sensibile alla vita e alla morte di una sua parte. Tuttavia questo percorso, questo progetto, ha già compiuto alcuni passi, ha già innescato una sequenza che sono tuttora in essere.
E qui si pone la questione politica, che riguarda prima di tutto il funzionamento di questo ramo del Parlamento: esiste e va crescendo, in modo ogni giorno più insopportabile, la divaricazione fra i tempi delle istituzioni, del Governo politico e quelli della società civile, dell’economia interdipendente, di un moderno sistema di relazioni economiche e finanziarie che non hanno confini nazionali. Mentre il Governo cerca di interagire con i processi dell’economia, mentre nei diversi paesi dell’Unione europea le manovre di correzione si approvano con prontezza, anche quando siano oggetto di contrasti e di polemiche, mentre i mercati premiano le scelte del Governo italiano, mentre il Governatore della Banca d’Italia riduce il tasso di sconto, operando scelte e giudizi, mentre ciò avviene, questa Camera troppo spesso rinuncia a giocare il proprio ruolo.
Esiste una divaricazione allarmante fra i tempi della società vera ed il tempo politico di questo ramo del Parlamento. La divaricazione evoca la domanda di grandi riforme: siamo alla vigilia di un decisivo confronto politico per costruire nuove regole che sappiano cancellare questo ritardo e questa divaricazione e tuttavia questa vigilia viene vissuta in un clima di progressivo impoverimento della funzione parlamentare. Nelle scorse settimane abbiamo avuto modo di esprimere i sentimenti della nostra preoccupazione per il ricorso frequente alla mancanza del numero legale come strumento di lotta politica da parte di alcuni gruppi di opposizione. Ieri il percorso di conversione del decreto-legge al nostro esame è stato sommerso da più di mille emendamenti presentati dal gruppo della lega nord, nonché da una pratica ostruzionistica palesemente ostentata.
Uno solo di questi comportamenti non produce di per sé significative distorsioni alla fisiologia della nostra istituzione, ma il combinarsi ripetuto, pressoché costante di questi comportamenti produce un sostanziale blocco della normale pervietà al processo legislativo. In queste condizioni il ricorso alla fiducia diventa ineluttabile ma concorre anch’esso – vogliamo dirlo con chiarezza – a rendere apprezzabile anche da parte dei cittadini più distratti il segno di un funzionamento patologico delle istituzioni parlamentari. Noi vogliamo rappresentare al Presidente della Camera il senso della nostra preoccupazione e del nostro disagio per questa condizione.
Esistono margini per una modifica dei regolamenti anche nelle more di un più generale processo riformatore. Modifiche che possono restituire a quest’aula il carattere di luogo eletto per il confronto delle idee e per il dibattito politico. In questa direzione abbiamo proposto uno strumento che non ha la pretesa di essere esaustivo; vorremmo che il Presidente ne tenesse conto.
Non molto diversa è apparsa l’ipotesi di accordo tra maggioranza ed opposizione al Senato in ordine alla questione dei decreti-legge; ipotesi temporaneamente – spero che sia temporaneamente – impraticabile in questo ramo del Parlamento.
A questo punto resta soltanto la politica. Noi speriamo che tutti siano capaci di ritrovare la politica per dare un orizzonte ai nostri atti e alle nostre scelte. Ed è dentro questa prospettiva che sta la fiducia che noi vogliamo confermare oggi al Governo Prodi. Dentro questa prospettiva c’è l’auspicio che possa migliorare la qualità delle relazioni politiche all’interno dei quest’aula.

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