Cento giorni per invertire la rotta

DC Sardegna, dicembre 1992

 

Il novantadue si chiude in un’atmosfera resa cupa dalle difficoltà dell’economia e dall’incertezza sul futuro della geografia politica resa ogni giorno più instabile dai crescenti focolai di guerra nel mondo.
Appare incredibilmente lontana l’euforia del fine ‘89.
In una cornice di straordinaria recessione dell’economia mondiale, lo stato di crisi del nostro Paese ha assunto i caratteri dell’e¬mergenza, invertendo – per la prima volta dopo molti decenni – la dinamica dei consumi: un certo tenore di austerità ha preso il posto del rigore predicato, riducendo l’inflazione secondo un meccanismo affatto virtuoso.
L’OCSE stima che la crescita del prodotto interno lordo italiano nel 1993 si aggirerà mirano allo 0,8 per cento. Tradotti i numeri in effetti socialmente apprezzabili, significa un colpo durissimo all’occupazione.
La Sardegna è nel cuore della tendenza. Secondo la previsione dell’osservatorio sull’occupazione presso la Presidenza del Consiglio, i posti di lavoro a rischio nella nostra Isola sarebbero circa settemila. Il nostro sistema industriale è sconvolto da un terremoto: sembra in procinto di rovinare in caduta libera. L’agricoltura è in uno stato di estrema debolezza e patisce, oltre che il retaggio di una errata tradizione di cultura imprenditoriale, legislativa e amministrativa, anche l’assenza di risposte che sappiano soddisfare contemporaneamente le esigenze dell’immediato e del futuro.
Peggio, non riusciamo più a produrre intorno ai nostri bisogni, pur così drammatici, la mobilitazione che sarebbe necessaria.
La nostra emergenza è subissata dai sentimenti di preoccupazione, di rabbia, di stanchezza e di ansia inevitabilmente prodotti dalla realtà di un sistema in fase di disgregazione e di rapida riorganizzazione. Quale partito prendere in un contesto così confuso, ma anche così drammaticamente esigente di risposte?
L’ambizione migliore è quella di costruire il futuro attraverso concrete azioni di governo. Ma con una consapevolezza in più, rispetto al passato: la fine del sistema politico che fino ad oggi ha caratterizzato lo svolgersi della nostra democrazia è irreversibile; e ciò non tanto per fattori esogeni rispetto alle ragioni della politica, ma per una saturazione ed una ribellione che si è radicata da tempo in ciascuno di noi e che oggi vuole produrre un’innovazione diffusa e visibile. In questo clima abbiamo ricercato con tenacia e determinazione una coalizione di governo che avesse in sé la forza di una comune volontà di reazione e di proposta.
Partecipiamo Iealmente a questa esperienza, esprimendo tutto il nostro sostegno e la nostra motivazione, così come abbiamo fatto in passato con la Giunta Floris e con la prima giunta Cabras.
Un percorso complesso e imprevedibile ci ha indotti a sperimentare una delegazione di Assessori interamente esterni al Consiglio Regionale, attingendo a quel serbatoio di intelligenze presenti nella Società civile che abbiamo l’ambizione di rappresentare.
D’altra parte tutti insieme sperimentiamo il nuovo assetto istituzionale della distinzione tra le previsioni di governo e quelle dell’Assemblea legislativa.
Sul fronte di questa innovazione istituzionale – nella cornice di difficoltà interne richiamate – si misurerà la capacità, della nostra Autonomia e della sua classe dirigente, di vincere una scommessa fra le più difficili della sua storia.
Vinceremo questa sfida se il Consiglio regionale avrà nei confronti dell’Esecutivo un atteggiamento positivo, dialettico, ma non contrapposto; esigente e diligente ma non sufficiente e presuntuoso.
Vinceremo questa sfida se saremo tutti capaci di una coerenza sincera alla scelta della distinzione dei ruoli di governo, dell’amministrazione e quello di elaborazione politica, di formazione delle leggi, degli indirizzi, nel ruolo che sapremo interpretare raccogliendo i segnali che vengono dalla società civile.
Vinceremo soprattutto se riusciremo a invertire, in questa fase straordinaria, la rotta della crisi.
Occorre fare presto, essendosi il tempo della politica straordinariamente ridotto: la nostra personale e collettiva opportunità potrebbe non essere replicabile.
E’ tempo di decidere e scegliere, qualificando e accelerando la spesa della Regione, eliminando gli sprechi, orientando risorse e attivando istituti validi verso i settori produttivi suscettibili di sviluppo, sopprimendo tutti quegli enti nati per gemmazione negli ultimi 10 anni, quando si è dimostrata la loro scarsa utilità.
Con il trasferimento di risorse e di funzioni agli Enti Locali la Regione, alleggerita dal peso della gestione (e delle clientele), può ritrovare tutta la forza della politica per negoziare il futuro della Sardegna con il Governo e con il Parlamento.
La manovra di bilancia deve essere il più possibile orientata verso i settori produttivi. Occorrerà pertanto modificare la destinazione di una serie di risorse, non tanto perché siano attualmente destinate ad obiettivi inutili, quanto perché esse dovranno – in una situazione di emergenza come la nostra – essere utilizzate per salvaguardare la struttura stessa della nostra economia.
Dobbiamo dunque veramente maturare la cultura degli investimenti strategici, sviluppando anche la capacità di saper spiegare e sopportare quei sacrifici che questa politica esige.
Solo così le nostre istituzioni potranno essere riconosciute come presenza visibile di una Regione dei cittadini e per i cittadini.
Saranno i prossimi cento giorni – fitti di scadenze decisive e di appuntamenti ineludibili – a segnare il corso di questa coalizione e, con essa, della legislatura.

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