Un governo per uscire dalla crisi

DC Sardegna, giugno 1992

 

I tre mesi della primavera ‘92 sono densi di avvenimenti che avrebbero fatto ricca la storia di una legislatura. Tutto procede con una velocità mai sperimentata nei tempi della politica: la sventola del 5 aprile, l’elezione di Scalfaro (con illustri morti e feriti sul campo), il terremoto milanese che si propaga rapidamente nella penisola cancellando equilibri politici, aprendo una stagione di imprevedibile precarietà nella prospettiva personale di una larga parte della dirigenza nazionale e periferica di tutti i partiti.
Una falange dei ”rampanti” di ieri appartiene già alla schiera degli ex.
E, come se non bastasse si registra un’accelerazione drammatica della crisi economica; una pressione sui cambi che dissangua le riserve valutarie dello Stato; un atteggiamento delle autorità econo¬miche internazionali che ingenera sfiducia nel nostro futuro.
I bagliori della guerra al confine nord-orientale sono diventati parte scontata e non più emozionante del nostro paesaggio sempre più arido di sentimenti.
In questo quadro di grandi incertezze la formazione del governo. La frammentazione parlamentare e la crisi di identità del sistema politico, il corteo di sfiducia palese nei confronti della capacità di autoriforma dei partiti da parte di una opinione pubblica tanto severa ed esigente quanto indisponibile ai ragionamenti complessi sono lo scenario in cui ha mosso i primi passi la nuova legislatura.
Le forze del quadripartito hanno cercato di favorire una partecipazione al governo capace di allargare l’area del consenso.
Una opposizione variegata e ondeggiante ha preferito coltivare l’interesse tattico di una rendita da dissenso piuttosto che il rischio impegnativo di una prova impervia di responsabilità.
Il quadripartito è diventato più un dovere che una scelta.
La DC ha dato prova di un supplemento di saggezza e di iniziativa per molti versi imprevedibili allo stato degli atti.
nato un Governo snello, dimezzato nel numero dei componenti, largamente rinnovato negli uomini, con un profilo program¬matico insieme alto, rigoroso e concreto.
La DC ha concorso dando avvio concreto alle indicazione della Conferenza di Assago.
L’incompatibilità tra il ruolo di ministro e quello di parlamentare introduce, di fatto, un principio di separazione tra la dimensione della gestione e quella di indirizzo e controllo, tra l’amministrazio¬ne della cosa pubblica e l’attività legislativa.
Una prima – forse ancora timida – attuazione dell’art. 92 della Costituzione segna una svolta assai più incisiva di quanto non potesse prevedersi alla vigilia, sulle consuetudini della nostra vita democratica.
Il Governo Amato rappresenta una scommessa che ancora potrebbe appassionare alla politica.
Le polemiche di molti esclusi sanno di stantio: la nostalgia di un potere partitocratico – o spesso correntocratico – tutto imbastito sui grandi feudatari detentori di tessere e potere di decretazione non commuove nessuno.
Forlani e De Mita propongono un congresso di rifondazione, a tesseramento azzerato. Martinazzoli lo aveva detto qualche settimana prima.
C’è da credere che davvero le risorse di questo nostro Paese e di questo nostro partito siano infinite.
certo che di fronte alla crisi dell’economia nazionale, alla emergenza della criminalità, al logorio delle istituzioni parlamentari, al profondo stato di insoddisfazione della gente nei confronti dei Partiti, di fronte a tutto questo occorre un colpo d’ala: la storia dei cattolici democratici suggerisce che potremmo farcela.

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