Intervento sulle dichiarazioni programmatiche della prima Giunta Melis

Consiglio regionale, 27/09/1984

L’ordine del giorno reca la continuazione della discussione sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Giunta regionale.
Presidente: E’ iscritto a parlare l’onorevole Soro. Ne ha facoltà.
SORO (D.C.). Signor Presidente, colleghi del Consiglio. partecipiamo a questo dibattito con l’intento di fare chiarezza e provocare un confronto che prescinda dalle passioni, che pure sono importanti e possono influenzare la nascita e la morte degli equilibri politici, ma che privilegiano i temi a forte richiamo emozionale spingendo spesso verso l’irrazionale, configurando dualismo e polarità magari inesistenti, e spesso lasciando maturare grandi illusioni; un confronto – dicevo – che si mantenga sul terreno delle cose reali, dei programmi e dei comportamenti. Queste sono le due categorie di giudizio che ci debbono guidare: i programmi e i comportamenti.

Attraverso queste categorie di giudizio noi valutiamo l’operazione politica che volge all’epilogo e cerchiamo di cogliere i collegamenti di questa operazione con le indicazioni date dall’ elettorato e tanto spesso richiamate, ma anche le potenzialità di sviluppo che questa operazione può riservare alla Sardegna.
Facciamo allora una prima considerazione. la crisi si è sviluppata in questi mesi non su una linea che comunque privilegiasse il confronto forte, fecondo, anche duro sulle cose, ma al contrario è stata giocata per intero sulla retorica del cambiamento da un lato, e dall’altro sulla disperata ricerca dei numeri da sommare, da aggregare o comunque da aggiungere ai 36 di partenza dell’asse sardista e comunista. Il confronto sul programma non c’è stato mai; si è preferito non entrare a fondo nel merito delle scelte; il ritornello costante di questi tre mesi è stato che l’importante era poter aggiungere un partito ai 36 voti di partenza.

La seconda considerazione discende dalla prima: ci viene presentato un programma che è la logica conseguenza di tutto questo. Noi non vogliamo semplificare né radicalizzare i giudizi: esistono alcuni aspetti di questo programma che meritano consenso, altri sicuramente richiedono dei chiarimenti. Non nascondiamo che il discorso del Presidente è pervaso da una notevole dose di “continuismo” rispetto ai programmi precedenti.
I giudizi vengono sollecitati più dalle omissioni che dalle cose contenute in questo programma. Ieri i colleghi del mio gruppo hanno richiamato alcune di queste omissioni, omissioni importanti delle quali voglio richiamarne una in modo particolare: nessun riferimento, onorevole Melis, ai problemi delle zone più deboli della Sardegna; nessun riferimento ai fenomeni della criminalità che sono ancora presenti nelle nostre vicende sarde e che hanno radici lontane.

Io credo che un Presidente della Giunta regionale e questo Consiglio regionale non possono non entrare nel merito di questo fenomeno, non possono non farne una valutazione e un esame approfondito per costruire un programma di governo che si basi su un’analisi corretta di questi fenomeni.
Tuttavia non mi dilungo sulle omissioni; vi è la sensazione che questo sia un progetto volutamente indefinito, incompiuto, senza una voluta qualificazione, certamente senza quella forte caratterizzazione sardista del programma che è stata tanto a lungo permessa o minacciata (dipende dai punti di vista). Questo dell’onorevole Melis è un discorso che i tecnici della programmazione potevano scrivere per qualunque Presidente. Certamente, onorevole Melis, questo programma non segna una svolta nella vita della Regione sarda.

Ma se il programma non ci consente di esprimere giudizi assoluti e definitivi circa la sua effettiva valenza, dobbiamo necessariamente fare affidamento sui comportamenti. Non si può quindi non ricordare la parabola delle dichiarazioni del Presidente in questi mesi, partendo dalla campagna elettorale, perché noì riteniamo che fare riferimento ai manifesti elettorali, agli impegni assunti dai partiti e dagli uomini politici nella campagna elettorale, sia un fatto di democrazia, di rispetto delle indicazioni che il popolo sardo ha dato nel momento in cui ha espresso il suo voto.

La campagna elettorale ha visto il Presidente ed il suo partito impegnati in un confronto con l’elettorato su un terreno preciso, il famoso programma dei tredici punti, che veniva privilegiato rispetto a qualsiasi altro aspetto del confronto politico: la scelta di schieramento era subordinata alla maggiore o minore omogeneità dei programmi, che si sarebbe verificata in seguito alle elezioni regionali, una volta che fosse iniziato il confronto per la costituzione di un esecutivo, I primi commenti all’indomani delle elezioni regionali vedevano il Presidente della Giunta regionale ed il suo partito esprimere ancora l’opzione precisa verso quei tredici punti, ponendo però come primaria la scelta di schieramento, che veniva non più subordinata ad una concorde visione dei programmi, ma veniva preposta, subordinando ad essa il concorso dei partiti per un programma a forte caratterizzazione sardista.

Noi non possiamo non richiamare qui le polemiche estive, che hanno visto in più occasioni il nostro Presidente della Giunta regionale e il suo partito confrontarsi, e non possiamo non richiamare qui, perché non sono indifferenti a questo dibattito, le polemiche, spesso anche acute, tra le dichiarazioni del presidente Melis, e quelle del presidente del Partito Sardo d’Azione, l’eurodeputato Michele Columbu. Abbiamo visto che il Presidente della Giunta regionale arrivava, dopo il crescendo di questa parabola, che diventava così discendente, non solo a nega re il separatismo e la separazione, ma addirittura ad affermare, in qualità di Presidente della Giunta regionale, che non era obiettivo di questa Giunta, non era obiettivo di questo Presidente, neanche un’autonomia più spinta. Infine, se questo programma senza valenza politica, senza definizioni, ricco di problemi da approfondire e di aggettivi ammiccanti, fosse stato presentato da un altro Presidente di un qualsiasi altro partito sarebbe stato legittimo dire che si era in presenza di un fenomeno di trasformismo; ma l’onorevole Melis, voi lo sapete, è il capo del popolo sardo, sì configura come autorità morale nelle sue aspirazioni e noi, che abbiamo una riserva che ci viene dalla nostra religione cattolica, non vogliamo bestemmiare; però, nella sostanza, è proprio questo il giudizio che noi diamo di questa parabola; è proprio l’enfasi con la quale l’onorevole Melis incede in Consiglio e sulle copertine dei rotocalchi che può allontanare i nostri giudizi dal terreno della rigorosa valutazione politica e spingerci su un altro terreno.

Quindi noi dobbiamo insistere per comprendere, attraverso il ragionamento politico, quali sono i caratteri di questa Giunta e di questa maggioranza e qual è la fisionomia politica che caratterizza questa maggioranza che si va a costituire. Esistono, lo hanno evidenziato altri consiglieri ieri, numerose contraddizioni, ma tutte le contraddizioni vengono risolte nel giudizio che ne danno i colleghi della maggioranza invocando il cambiamento e giustificando questa richiesta di cambiamento con le indicazioni scaturite dalla recente consultazione elettorale.

Noi ci chiediamo: cambiamento rispetto a che cosa? Rispetto ai programmi delle passate giunte regionali? Un’analisi attenta, che noi abbiamo compiuto, sembra dimostrare che questo cambiamento non si riferisce ai programmi, se è vero che sostanziali cambiamenti non ci sono nelle dichiarazioni che il Presidente ha reso venerdì scorso. Oppure cambiamento rispetto ai partiti che costituivano il passato equilibrio politico che governava la Regione, quindi rispetto ai partiti che assieme alla D.C. (il P.S.l., il P.S.D.I. e il P.R.l.). configuravano quell’equilibrio politico che giustamente può essere considerato passato? Ma allora non sarebbe comprensibile, se questa fosse la giusta interpretazione, la tenacia profusa dal Presidente nel ricercare l’alleanza con il Partito socialista, il P.S.D.I. e il P.R.I., che pure concorrevano, e in modo niente affatto marginale, a definire quell’equilibrio politico che si vuole cambiare. O forse il cambiamento si intende rispetto ai comportamenti e ai modi attraverso i quali si realizza il governo della Regione? Ma noi abbiamo verificato, lo diceva ieri il collega Mulas, che i metodi che hanno presieduto alla costituzione di questo esecutivo sono metodi vecchi, e quindi neanche in questo si appalesa lo sforzo di cambiamento.

Ecco che allora emerge con chiarezza che l’unico obiettivo di cambiamento, il vero obietti vo di questa operazione politica era ed è l’esclusione della D.C. dal governo della Regione. Ma questo era l’obiettivo del P.C.I., che lo ha proclamato nei Congressi, nella campagna elettorale, nelle piazze. Questo era l’obiettivo del Partito Comunista Italiano! Noi riteniamo che il P.C.I, legittimamente e coerentemente possa esprimere la sua soddisfazione per aver raggiunto il suo obiettivo, che era quello di escludere la DC, dal governo della Regione.

Ma questo non era, onorevole Melis, l’impegno contratto dal Partito Sardo d’Azione di fronte all’elettorato. Io credo che non solo questo fatto disattenda gli impegni assunti dal Partito Sardo d’Azione verso l’elettorato, ma faccia perdere al Partito Sardo d’Azione un’occasione per sviluppare la potenzialità di aggregazione nelle battaglie autonomisti che in questo Consiglio regionale (che è forse irripetibile, onorevole Melis) quale quella che aveva il Partito Sardo d’Azione all’indomani delle elezioni del 24/25 giugno.

Questo però rivela in modo inequivocabile chi detiene la reale egemonia in quésta Giunta e in questa maggioranza. Noi non parliamo di mercimonio, però diciamo che il Partito Sardo d’Azione ha svenduto una linea di cambio della presidenza di una giunta che ha una chiara e definita egemonia comunista. E l’egemonia comunista, in questo nuovo equilibrio, emerge con tutta la sua forza nella struttura dell’esecutivo, nella scelta degli assessorati e degli uomini impegnati. Noi prendiamo atto di questo, onorevole Melis: giudicheremo di questa Giunta come se fosse un monocolore comunista, con rispetto per i differenti obiettivi strategici che si pone il Partito comunista ma senza cedimenti. Il nostro unico riferimento, onorevole Melis, saranno gli interessi della Sardegna, con la consapevolezza di rappresentare una parte consistente della società sarda e con la coscienza, che un grande partito popolare deve avere, che la cultura di governo non si esaurisce stando all’opposizione: la nostra volontà di coniugare i problemi della Sardegna con quelli dello Stato, i problemi particolari con quelli generali collegandoli alle istituzioni, questa nostra cultura di governo noi sapremo verificarla e dimostrarla anche stando nei banchi dell’opposizione.

Quello dell’autonomia sarà il terreno nel quale misureremo la capacità di essere partito di governo. Credo che tutti noi abbiamo la consapevolezza di quanto complessa sia la crisi dell’Istituto autonomistico; questa consapevolezza nasce dalla constatazione che l’autonomia è dotata di poteri strutturalmente inadeguati a reggere il confronto, lo scontro, l’impatto con i centri della decisione, con l’organizzazione e la potenzialità delle iniziative delle imprese economiche, con i processi che in tutto il mondo occidentale hanno confini non solo sovraregionali ma anche sovranazionali, Quindi, si pone il problema di come adeguare la nostra autonomia; di quali poteri, di quale strategia attivare per favorire la partecipazione dei sardi alle decisioni che li riguardano, per modificare il rapporto di dipendenza esistente in una condizione di auto- governo, per estendere – come si usa dire – i propri terminali in aree istituzionalmente più vaste.

In questa dimensione si pone come elemento di giudizio politico il problema della separazione, che i sardisti hanno agitato in campagna elettorale e che ora si trova sospeso a mezz’aria. Su questi argomenti occorre che il Consiglio regionale e i partiti autonomistici facciano chiarezza, che se ne discuta a fondo senza eludere temi potenzialmente divaricanti, perché gli obiettivi strategici, onorevole Mannoni, non possono non condizionare la pratica di governo. Su questi temi dobbiamo e vogliamo esprimerci, non per limitarci a contestare l’opzione separatista con giudizi di eterocostituzionalità o per invocare la solidarietà risorgimentale, che è più che legittimo invocare in questa sede, ma perché siamo convinti che queste tesi possano forse pagare elettoralmente, esaltare le emozioni, cogliere tutto quello che può essere colto dal riflusso localistico che investe la nostra epoca, non solo in Sardegna; ma non si può fronteggiare un futuro che si annuncia denso di trasformazioni, di crisi, ma anche di possibilità e di prospettive di sviluppo, non si possono affrontare gli anni che verranno con schemi che non solo sono vecchi, ma appartengono al patrimonio di una tradizione agricolo-pastorale, segnata da un senso di frustrazione e da una deviante sensazione di inferiorità.

Questo schema del separatismo quando anche volessimo darne una lettura più moderna, più adeguata rispetto ad alcune valutazioni in chiave espressiva di una società post-industriale che privilegia l’autorealizzazione ideale rispetto a quella materiale – non può non porsi come un freno alla rinascita, come la negazione prepolitica dello stesso articolo 13 dello Statuto, che invece vogliamo attivare con una legge che sia in grado di estendere realmente i poteri dell’autonomia e di dare alla Regione sarda effettivi poteri di indirizzo e di coordinamento di tutti gli interventi dello Stato nell’isola. E in questa direzione, signor Presidente.

MELIS (P,S.d’Az,). Presidente della Giunta. Gradisce una interruzione?

SORO (D.C.). Io gradisco tutto.

MELIS (P.S.d ‘Az.), Presidente della Giunta. E pensare che sino ad ora sembrava rammaricarsi che non abbiamo potuto fare un’alleanza con un partito che guarda il vecchio apparato; lei voleva fare un’alleanza.

SORO (D.C.). Si rammarichi, onorevole Melis. Avrà modo di rammaricarsi ancora in futuro e per altre ragioni. La separazione, onorevole Melis – non cada in questo trabocchetto: lei non è separatista…

MELIS (P.S.d’Az.), Presidente della Giunta. Io non sono un separatista…

SORO (D.C.). In questa direzione noi poniamo il problema della separazione come un problema sul quale si deve discutere e ci si deve esprimere in Consiglio regionale, perché non può rimanere sospeso a mezz’aria…

MELIS (P.S.d’Az.), Presidente della Giunta. Vorrei sapere a chi devo rispondere: ai filosardisti o agli antisardisti.

SORO (D.C.). Noi non siamo né filosardisti, né antisardisti; noi siamo democratici cristiani, onorevole Melis.

MELIS (P.S.d’Az.), Presidente della Giunta. Una replica deve avere una sua logica.

SORO (D.C.). Replichi a chi ritiene possa darle dei suggerimenti: se ha ragione di risentirsi, non è certo per le cose che noi diciamo. Parlavamo dell’articolo 13 dello Statuto, della riforma dello Statuto. E’ in questa direzione, nella direzione di un aggiornamento delle strutture antonomastiche, che dobbiamo muoverci, ricercando il consenso di tutte le forze autenticamente autonomistiche. Noi crediamo che Partito Sardo d’Azione debba concorrere, una volta risolti gli equivoci, a questo sforzo unitario, che non è quello della separazione ma quello di Lussu e di Bellieni ed anche di Mario Melis e di Carlo Sanna, per quelle che sono state le loro esperienze di governo in questa Regione sarda. In base al giudizio che noi abbiamo mate rato sulle loro capacità, noi crediamo che si possibile, anzi necessario, ricercare il concorso del Partito Sardo d’Azione.

Signor Presidente, ieri il collega Mannoni ha posto con coraggio un problema che è centrale e non può essere ignorato: abbiamo la necessità di riaffermare la nostra specialità; non possiamo darla per scontata, perché oggi la nostra specialità non solo è compressa, ma da alcun anche contestata.

Ci si dice che il divario con altre Regioni meridionali in termini di investimenti, di reddito, di occupazione, non è di per sé un dato di specialità; che le difficoltà a mantenere le basi produttive e ad accrescerle sono elementi comuni a una larga parte del mondo occidentale. Su queste premesse esiste il rischio concreto che gli interventi dello Stato, la solidarietà nazionale anziché crescere possano nel tempo diminuire Abbiamo quindi bisogno di riaffermare, ridefinire la nostra specialità, di ribadire che sono ancora valide le ragioni che hanno portato alla stesura dell’articolo 13, perché non sono state risolte né le diseconomie connesse all’insularità, né le diseconomie e le peculiarità della nostra storia e perché permangono tutti gli elementi di specificità nel condizionamento esterno, sul piano istituzionale, giuridico, ed economico, che negativamente influiscono sul nostro sviluppo accentuando la dipendenza.

Permangono insomma tutti gli aspetti che vennero definiti nella relazione conclusiva della Commissione parlamentare d ‘inchiesta presieduta dal senatore Medici alla quale dovrà guardare, onorevole Melis, con molta attenzione, con più attenzione di quella che le ha riservato (forse per una non voluta omissione) nel suo discorso programmatico. Per affermare la nostra specialità, dicevamo, dobbiamo estendere i terminali della nostra Regione in un ambito istituzionalmente più vasto; la stessa riforma dello Statuto sarebbe insufficiente, resterebbe improduttiva, se non avvenisse in un processo di contestuale riforma delle istituzioni politiche nazionali, se non si collocasse all’interno di un disegno strategico di più largo respiro: dalla crisi della Sardegna noti si esce se non all’interno di un più generale processo di risanamento dell’economia e delle istituzioni del nostro Paese.

Questo processo va affrontato con una strategia di governo complessivo del Paese: i partiti dell’alleanza di governo nazionale hanno concorso e concorrono a elaborare un progetto di governo e, pur con alcune incertezze, questo disegno va dispiegandosi e realizzandosi; anche in Sardegna, lo ricordava l’onorevole Mannoni, ci sono segnali di una piccola ripresa che non possono essere minimizzati.

Qui si pone un problema che non può essere mascherato nell’enfasi del localismo deteriore: noi ci chiediamo, e lo chiediamo ai partiti di democrazia socialista e laica, in che misura può coniugarsi questo progetto di riforma del governo complessivo del Paese, questa alleanza che ha valore strategico, con un governo regionale a forte egemonia comunista. Non si tratta di proporre il tema di una possibile e subordinazione, di una limitazione dell’autono mia dei partiti in sede regionale, che noi non abbiamo mai messo in discussione, o -peggio ancora – non si tratta di ipotizzare una scarsa udienza del governo regionale presso il governo centrale, cosa che offenderebbe non soltanto l’istituto autonomistico, ma tutti i sardi. Il problema è esattamente opposto; il problema è di sapere se un governo a forte egemonia comunista possa favorire o invece contrastare il progetto nazionale di governo, nel quale noi crediamo e al quale guardiamo con fiducia.

Le recenti iniziative referendarie del Partito comunista, alle quali si richiamava ieri l’onorevole Giagu, sembrerebbero dimostrare che non esistono dubbi su quale sarà la scelta di questo governo regionale rispetto al processo strategico che sta attivando il governo nazionale. Queste contraddizioni sono presenti nel nuovo confuso e precario equilibrio politico che va delineando si. Noi guardiamo con molta attenzione alle tendenze che emergeranno nel prossimo futuro e, insieme alla nostra cultura di governo che vogliamo esaltare dai banchi dell’opposizione ci sarà sempre lo sforzo per favorire quel disegno che prima ho richiamato per contrastare con durezza, con tutta la forza di un partito politico che non esiste solo in quest’aula consiliare ma che è presente e radicato nella società della Sardegna, i tentativi di arretramento rispetto a quel processo di crescita dell’autonomia che c’è stato in questi anni e al quale il nostro partito ha fortemente concorso.

L’onorevole Melis ha lanciato una sfida: noi non siamo indifferenti a questa sfida, perché l’oggetto della sfida è la Sardegna e noi in Sardegna, onorevole Melis, saremo ancora presenti.

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