Correnti e tridenti

4 marzo 2007

 

Sui quotidiani in questi giorni trionfa il racconto di aspre polemiche interne alla Margherita: rutelliani contro popolari, questi ultimi impegnati a ridimensionare la leadership di Francesco Rutelli, ulivisti contro tutti…

Non condivido questa rappresentazione di uno scontro surreale tra squadre in armi sotto vecchie bandiere. Abbiamo fatto uno sforzo gigantesco per mettere insieme tutto il partito in un’unica mozione non generica né esclusiva. Il progetto è uno solo: nel PD arriveremo tutti insieme, senza recinti. E senza che le radici, che pure sono importanti e non vanno mai banalizzate, ci facciano precipitare nel passato. Se ci dividessimo ne uscirebbe indebolito il PD e ognuno di noi. La Margherita ha una storia di contaminazione culturale e politica tra persone che vengono da esperienze diverse. E la leadership è stata affidata a Rutelli al di fuori di qualunque riferimento al suo seguito interno, per le sue riconosciute qualità di interprete affidabile della generalità degli iscritti.

Credo che, nella difficile fase di transizione verso il PD, questo debba ancora essere il ruolo di Rutelli.

Eppure non si può negare una tensione maggiore di quella prevista.

Oltre a fisiologici processi di competizione per il rinnovo delle cariche locali, c’è una discussione su come si concilia l’istituto presidenziale con un maggiore bisogno di partecipazione. Rutelli non ha mai interpretato il suo ruolo di presidente in modo personale, ma purtroppo il confine è sottile. E spesso gli amici del re sono più realisti del re. E se queste persone vogliono segnare il campo organizzando una corrente di “amici più amici”, ciò genera una reazione difensiva in quelli che tali non si sentono. In questo periodo, nei territori, troppi hanno spinto sull’idea che il partito potesse organizzarsi per componenti.

E poiché ora tale contrapposizione si è creata, chi sta alla guida ha il compito di mantenere la sua leadership sopra le fazioni. Rutelli lo ha fatto per cinque anni e potrà farlo ancora. Forse nell’ultimo periodo ha sottovalutato le difficoltà nell’affrontare una stagione così complessa. Ma ci sono state manchevolezze da parte di tutti.

Ad esempio, l’idea del “tridente” Letta, Fioroni, Franceschini come fattore antagonista. Non credo che questa rappresentazione da retroscena giovi agli stessi interessati. In ogni caso ci sono tanti giovani dirigenti di valore, anche alcuni che non hanno ruoli importanti e che vorranno stare in campo. Non bisogna dare nulla per scontato, nel PD non ci sono ruoli già assegnati. Diciamo che serve una partecipazione più collegiale alla guida del partito. Ricordando che si tratta di una guida a termine.

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