Ulivastro

 

Le elezioni passano più velocemente quando si vincono. È quanto sta capitando al Centrosinistra, subito chiamato a dare risposte concrete non solo nelle Province e nei Comuni, dove si è appena votato, ma anche alla Regione.
Le amministrative rappresentavano il primo test politico per Renato Soru e la sua giunta regionale. Test superato a pieni voti da quasi tutti i partiti della coalizione con l’eccezione di Progetto Sardegna, il movimento (o partito?) del presidente-governatore. Sulle prospettive, sia politiche sia di governo, interviene Antonello Soro, deputato e coordinatore regionale della Margherita.
La Nuova Sardegna 14/05/2005

 

Antonello Soro, queste elezioni amministrative hanno sancito il ritorno dei partiti. Per alcuni è un passo in avanti, per altri è un passo indietro. Per lei?
“Dico che è finito il mito berlusconiano, l’idea spot che un uomo solo potesse governare il Paese come un’azienda, che la democrazia sia un fatto di audience”.

Non crede che ci sia bisogno anche di un’autoriforma dei partiti?
“È indispensabile e noi come Margherita abbiamo fatto questo percorso, un’autoriforma che favorisca la riappropriazione del sistema democratico da parte di forme più partecipate”.

E l’auspicato rinnovamento della classe dirigente?
È quello che stiamo facendo: la Margherita ha eletto nei Comuni e nelle Province una dirigenza fatta di facce nuove e valide”.

Il voto ha premiato più la coalizione regionale o la giunta regionale?
“Entrambe le cose. Il voto ha rafforzato il governo della Regione, ha consolidato l’alleanza, ha sancito il fallimento del Centrodestra sardo e del governo nazionale”.

Il partito del Presidente Soru, Progetto Sardegna, però non è andato bene.
Come spiega il risultato negativo?
“La questione merita un momento di riflessione da parte di Soru e di Progetto Sardegna non tanto sul risultato, quanto se deve essere un partito o no”.

Lei cosa ne pensa?
“Devono decidere loro, è un fase che rispetto”.

Non ha un’opinione?
“Mi limito a registrare che Progetto Sardegna è nata come lista del Presidente, come avviene in tutte le Regioni, ma altrove finisce lì.
Le liste dei sindaci non si presentano poi anche alle elezioni regionali. E così quelle dei presidenti non si ripresentano alle elezioni comunali”.

Un problema da chiarire?
“Si pone l’esigenza di sapere se sarà un partito, con cui avere rapporti formali”.

Lei cosa auspica?
“L’unico auspicio è che non si attenui la coesione di questo primo anno di legislatura e che non si accentui la frammentazione del sistema politico sardo, che ha già fatto emergere un tale numero di liste che solo tre partiti sono sopra il 10 per cento, il partito più grosso al 15, una quindicina da cinque a zero virgola sei.
Così il sistema rischia di non funzionare”.

Potrà aiutare la Federazione dell’Ulivo?
“È un discorso da riprendere con forza. Ma io mi pongo anche un altro problema”.

Quale?
“Il rapporto con l’Udeur”

Perché?
“L’Udeur era dentro il progetto della Margherita ora è fuori anche dalla Federazione.
Credo che dovremo insieme riflettere se non esistano le condizioni per ritrovarci nel progetto originario, il progetto della Margherita come germe di una nuova visione dell’Ulivo, un’aggregazione di forze politiche diverse e omogenee.
Tra queste c’era e per me ci deve essere l’Udeur”.

E l’Ulivastro sardo?
“Credo in questo obiettivo, mi preoccupa però il comportamento un po’ contraddittorio di quanti a Roma o a Cagliari oscillano dalla richiesta di liste unitarie ovunque a una competizione forsennata per mettere la propria bandierina di parte in ogni atto della vita politica”.

Teme che la concorrenza elettorale se trasferita a ogni livello possa minare l’obiettivo unitario?
“È così. La soluzione non sta nel contenitore, come molti sembrano credere, ma nel contenuto”.

Ha una proposta?
“Si potrebbe sperimentare, anche in Sardegna come è successo nella coalizione nazionale, qualche cessione di sovranità tematica, per valutare poi i fatti successivi”.

Queste elezioni hanno cambiato il tipo di rapporto tra i partiti e il governatore?
“Non sono fra quanti sottolineano questo aspetto.
Abbiamo tutti concorso a un grande successo elettorale perché eravamo insieme e perché è emerso con chiarezza il disegno politico complessivo”.

È una fiducia rinnovata anche alla giunta regionale e alla maggioranza che la sostiene?
“Bisogna tener presente che oggi il ciclo politico è breve e che ancora più breve è quello di governo.
Il giudizio degli elettori non sarà sui dettagli, ma sul complesso, sulla qualità e sulla coerenza della visione di governo.

Vuol dire che bisogna occuparsi di meno delle polemiche contingenti e pensare di più a realizzare il programma?
“Guardi, con queste elezioni i sardi hanno accordato una grande fiducia anche al governo regionale, benché la politica di risanamento potesse essere vista come taglio, o la politica di tutela ambientale come proibizione”.

E invece?
“I sardi si sono fidati perché hanno capito che c’e un disegno che vale la pena continuare e non hanno dato credito alle prefiche che gridavano al blocco dell’economia. Hanno creduto a noi in questa fase destrutturale.

E ora?
“Dobbiamo fare presto e far emergere la parte propositiva, la nuova costruzione.
È positivo che la giunta abbia già presentato gli indirizzi del Piano paesistico da cui emerge con più chiarezza che il governo del territorio non è una punizione nei confronti dei cittadini ma una valorizzazione della principale risorsa dell’isola.”

Si fa presto – e lei non è l’unico – a dire che bisogna accelerare sulla parte propositiva del progetto di governo. Che fare in concreto?
“Io indico tre obiettivi fondamentali per l’immediato: il rafforzamento dell’autonomia, la riforma della Regione, il riequilibrio economico”.

Partiamo dall’autonomia. Si riferisce alla riforma dello Statuto?
“Non solo. Certo, occorre la legge statutaria per un nuovo patto costituzionale con lo Stato.
Ma poi, perché l’autonomia abbia gambe, bisogna acquisire un coerente regime di entrate tributarie. È una battaglia giusta che si può vincere se si coinvolge tutta la Sardegna”.

Passiamo alla riforma della Regione. Come giudica i primi passi?
Era giustissima un’opera di destrutturazione della vecchia Regione, ma ora e subito bisogna mettere in piedi i nuovi strumenti in tutti i settori, dall’economia ai servizi.
Dando risposta non solo alla domanda di efficienza, ma anche a quelle di diffusione della Regione nel territorio”.

Il decentramento amministrativo?
“La Regione guidata dal Centrosinistra deve dare l’esempio. Non tutte le funzioni devono essere governate da Cagliari”.

Infine il riequilibrio economico. A cosa si riferisce?
“Nel programma della coalizione e quindi della giunta Soru sono previsti strumenti specifici per il riequilibrio del territorio.
Abbiamo annunciato una serie di politiche di sviluppo, ora dobbiamo farlo”.

Per realizzare il programma con celerità si parla di rimpasto di giunta. Cosa dice?
È il presidente che deve valutare se esistono esigenze di aggiornamento della squadra o se questa sia a suo giudizio idonea a proseguire”.

Il problema riguarda solo il presidente?
“Sua è l’iniziativa. La valutazione e l’eventuale proposta dovrà essere condivisa”.

Il segretario del Psd’Az ha invitato il Centrosinistra a rafforzare il rapporto. È d’accordo?
“Certo. Il Psd’Az è rientrato in un accordo politico con il Centrosinistra e ha avuto un riscontro elettorale positivo. Questo conforta Giacomo Sanna ma anche noi che abbiamo incoraggiato questo orientamento”.

Ci sarà l’accordo anche alle elezioni politiche del 2006?
“È un obiettivo implicito nel patto elettorale che abbiamo appena realizzato”.

Il Psd’Az entrerà nella maggioranza alla Regione?
È nelle cose, se il rapporto va avanti”.

Sardisti in giunta?
“Ho già risposto al loro congresso: si governa con la coalizione che ha vinto le elezioni.
Ciò non toglie che con il Psd’Az non si possa fare un accordo per presentarci uniti al voto per la prossima”.

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