La storia dei seggi fantasma

 

I mesi passano e la Camera dei deputati prosegue nei suoi lavori ancorché manchi il “plenum” richiesto dalla Costituzione. Antonello Soro, presidente della Giunta delle elezioni, coglie l’occasione per evidenziare come il funzionamento della Giunta, organismo e luogo di garanzia in materia elettorale, corra il rischio di essere seriamente compromesso laddove, in un sistema maggioritario bipolare, la garanzia sia affidata a una sola delle due parti.
L’Opinione,  23/01/2002

 

Presidente Soro la questione dei saggi vacanti in Parlamento è davvero una situazione incresciosa. Potrebbe riassumere la vicenda?
È una situazione molto complessa e senza precedenti che produce tutta una serie di questioni nuove. Il pasticcio che si è verificato è il prodotto di una distorsione della legge elettorale operata un po’ da tutti i partiti nel tentativo di aggirare il meccanismo dello scorporo facendo ricorso alle liste civetta. Forza Italia che, a differenza degli altri, partiti ha utilizzato le liste civetta in tutti i collegi, si è trovata ad avere un numero di eletti, nella quota del proporzionale, maggiore del numero dei candidati disponibili. In questa fattispecie, il nostro ordinamento prevede all’art. 11 del regolamento di attuazione della legge elettorale, che i seggi vengano assegnati alle altre liste in ragione proporzionale. È un meccanismo previsto da sempre – io ho citato una legge del 1919 che ha lo stesso testo della norma attualmente vigente -. Questa interpretazione è stata seguita anche dalla Cassazione per i primi due seggi assegnati. Successivamente il problema è stato discusso in Giunta, dove sono emerse posizioni discordanti e la maggioranza ha ritenuto l’art. 11 del suddetto regolamento, non applicabile.

È sorta questione in merito al principio della corrispondenza voto- rappresentanza parlamentare?
No. È sorta questione sul tipo di fonte normativa che si dovrebbe applicare. È infatti un regolamento ad intervenire in materia elettorale laddove il dettato costituzionale prevede che sia la legge a dover disciplinare in maniera esclusiva. Certamente questa è un’obiezione fondata, ma tardiva. Questo regolamento esiste dal 1993, nessuno lo ha mai revocato, è contenuto nel decreto del Presidente della Repubblica, proposto dal Governo Ciampi, mai contestato né nel ’94, né nel ’96 perché evidentemente non si era ipotizzata una fattispecie di questo genere. Devo tuttavia dire che, l’obiezione di principio che un regolamento non possa disciplinare una materia elettorale, dovrebbe avere una rilevanza anche a prescindere dall’uso che se ne fa. Non si era mai considerata questa specifica ipotesi, ma che la materia regolamentare elettorale nella Camera dei Deputati fosse disciplinata da un regolamento e non da una legge, comunque poteva essere oggetto di rilievo del Parlamento.

Lei che soluzione ha prospettato alla Giunta?
Un’interpretazione fedele del regolamento attuale, quindi del tanto discusso art. 11. La mia proposta non è stata accettata. Oggi la Giunta si troverà nella possibilità di esaminare, se ci saranno, proposte di segno diverso.

La giunta non può sostituirsi al legislatore e deve quindi limitarsi a interpretare norme già esistenti. In questo caso l’attribuzione a Tizio piuttosto che a Caio di un posto in Parlamento crede che possa generare dei dubbi sulla natura dell’atto della Giunta stessa?
La Giunta per le elezioni non ha potestà legislativa. Sicuramente, un percorso alternativo a quello fisiologico che io avevo proposto, ha tutti i caratteri di una nuova norma. Se accadrà questo, il rischio che può venirne fuori è che noi attribuiamo questi seggi a dei candidati non collegati alle liste di Forza Italia, ma collegati a una lista civetta. Le liste si chiamano civetta perché noi così sappiamo, ma dal punto di vista della legge è una lista come le altre che non ha superato il 4%.

Cos’è per il Presidente Soro una lista civetta?
È una lista come le altre, che presenta i suoi candidati, con i suoi simboli, ma che non ha superato lo sbarramento del 4%, e come tale non ha diritto ad avere rappresentati in Parlamento. È evidente che se noi approvassimo una norma di questo tipo, avremmo due norme vigenti, una norma che prevede il blocco del 4% per avere eletti nel proporzionale, una norma che in deroga a questa, prevede che si possa avere degli eletti in una condizione specifica come questa che si è verificata. Il collegamento dichiarato davanti agli elettori per cui Pincopallino si candida a Milano collegandosi con la lista civetta, e non con un’altra lista di Forza Italia assume responsabilità di fronte al cittadino e impegno di fronte al cittadino. Quella dichiarazione non è una dichiarazione marginale, è una dichiarazione ufficiale, registrata in sede notarile e che quindi impegna in un atto reciproco di responsabilità il cittadino che viene eletto o il candidato. E pure se un cittadino ha dichiarato di essere collegato alla lista n. 1, noi con una norma oggi stiamo stabilendo che quel collegamento di fatto è falso perché quello vero è un collegamento non dichiarato. Siamo dentro a un contesto, dal punto di vista del diritto, assolutamente a rischio di legittimità. Io non escludo che si possano trovare anche delle altre soluzioni, anche se io finora non ne ho viste.

Ci sono due ipotesi di recupero dei perdenti collegati alla Casa delle Libertà, proposte dal Ministero dell’Interno. La Giunta per elezioni le ha prese in considerazione come possibile soluzione?
La Casa delle Libertà è una sigla che vale nel maggioritario, mentre nel proporzionale c’è il singolo partito. L’ambito del proporzionale e del maggioritario hanno un solo punto di contatto: il collegamento. Se io vanifico la dichiarazione di collegamento pensando di sostenerne una nuova, i due comparti, maggioritario e proporzionale non sono più collegati. Le ipotesi prospettate dal Ministero dell’Interno confliggono, a mio parere, con i fondamentali principi dell’affidabilità che le Istituzioni debbono garantire.

Queste comunque sono posizioni già note, adesso come si risolverà questo problema dei seggi?
Oggi, se mi verrà richiesto dovrò mettere ai voti una proposta della maggioranza. A margine di queste considerazioni ho avuto modo di sollevare un problema più generale. La disciplina della materia elettorale e la verifica delle elezioni è affidata alla Giunta delle elezioni, organismo e luogo di garanzia ed è tutelato dalla Costituzione. La Giunta per le elezioni e la Camera dei Deputati in questa materia assumono decisioni non suscettibili di appello, insindacabili. Ritengo che questa norma contenuta nella Carta Costituzionale, debba essere ripensata. È una norma che nasce in un sistema proporzionale. In un sistema maggioritario bipolare la garanzia non può essere affidata a una delle due parti, chiunque essa sia.

I tentativi di riformare questo organo fatti da D’Alema nel ’94 dovranno essere presi nuovamente in considerazione?
Si era ipotizzato che la Corte Costituzionale dovesse farsi carico di essere luogo d’appello, almeno, come luogo terzo rispetto agli interessi delle due parti. Nel sistema proporzionale la disputa, in fondo, riguardava l’ordine di lista di un candidato per cui se un candidato veniva dichiarato non eleggibile si riconosceva fondato su ricorso dell’altro. Cambiava semplicemente il nome del deputato, ma gli equilibri della politica rimanevano immutati.

In quella situazione era più facile per la Giunta prendere una decisione?
In quella situazione esisteva una tendenza della Giunta ad assumere posizioni assolutamente unanimi. Nella storia della Giunta per le elezioni questo è sempre avvenuto. La giunta per le elezioni penso che abbia espresso un voto così divaricato soltanto in questa occasione.

Il fatto che la decisione nel merito di un ricorso che venisse, ad esempio proposto dall’opposizione, sia affidato alla maggioranza non rappresenta un elemento suscettibile di rischi dal punto di vista della certezza del diritto? È forse arrivato il momento di pensare ad una riforma di questo meccanismo? Valutare la possibilità, proprio come nel ’94, di una revisione della composizione stessa della Giunta per le elezioni?
In effetti questa situazione crea un precedente. Affidare alla maggioranza la decisione di un ricorso che venisse dall’opposizione rappresenta un elemento nuovo, inesplorato e suscettibile di rischi dal punto di vista della certezza del diritto. Sì, è arrivato il momento di porre il problema di una modifica del procedimento di verifica delle elezioni. Per quanto riguarda la modifica della composizione della Giunta per le elezioni, si era pensato ad un organismo che avesse pariteticità di rappresentanti. Non ci sono stati, a parte qualche caso marginale, in questi primi otto anni, questioni molto rilevanti. Nel ’94 si è cominciato a porre il problema e non se ne è più riparlato. Io credo che sia giusto riparlarne ora al di là e oltre questa vicenda che comunque conserva caratteri di assoluta delicatezza.

La Costituzione sancisce che la Camera dei deputati sia composta da un numero fisso di membri. L’attività deve essere svolta con il plenum costituzionale. In realtà sono già sette mesi che il Parlamento opera con un certo numero di seggi vacanti. La Corte Costituzionale, se venisse sollevata la questione, potrebbe annullare tutti gli atti del Governo Berlusconi. Pensa che il centrosinistra, non sempre in grado di svolgere un’opposizione decisa ed efficace in Aula, potrebbe avvalersi di questo cavillo per vanificare l’attività della maggioranza?
È vero che la Costituzione prevede il plenum per le attività del Parlamento, ma l’annullamento degli atti del governo compiuti in mancanza del plenum costituzionale, è un’ipotesi limite. Potrebbe succedere nella misura in cui tutto può accadere. Credo che nessuna opposizione responsabile nel mondo possa pensare di ricorrere a un escamotage di questo tipo per vanificare l’operato del Governo. Questa vicenda presenta aspetti veramente delicati, al limite del rischio di un conflitto di natura anche costituzionale sull’operato della Giunta, su quello che sta facendo, sulle cose che sono in campo. La Corte Costituzionale non è stata mai chiamata in campo se non in occasione del referendum. Allora il comitato per il referendum sollevò un conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale. Non lo so se sarà questo il terreno in cui si svilupperà la faccenda dei seggi non assegnati, per il momento io cerco ancora di trovare dentro il Parlamento una soluzione. È fondamentale superare lo slogan che “l’opposizione vuole usare i voti di Forza Italia per dare seggi a Rifondazione Comunista”. Si dice una cosa assolutamente vera che però maschera l’altra faccia della medaglia. Sono 9 milioni di voti afferiti alle liste che non hanno raggiunto il 4% e che sono poi andate a Forza Italia, ad AN e ai DS, perché non hanno trovato rappresentanza. Esistono dei paletti dentro le regole che possono anche alterare la trasformazione dei voti in seggi. Tra questi paletti c’è la necessità di avere dei candidati sufficienti a coprire i seggi ottenuti. È un aspetto sostanziale così come il quorum del 4% per accedere alla distribuzione dei seggi. Usciamo dagli slogan. Capisco che la questione altera in qualche modo l’intento di farsi rappresentare da parte di alcuni milioni di elettori, ma è anche vero che la distorsione che è stata in qualche modo innescata va corretta in sede legislativa. Va fatta una norma per il futuro. Non si può a posteriori riparare un effetto negativo o non desiderato.

Qual è per il Presidente Soro la soluzione giusta?
La soluzione più giusta, che è poi quella che ho proposto, è quella di utilizzare gli strumenti normativi vigenti e pensare eventualmente per un futuro di modificare, di revocare il procedimento elettorale attraverso una norma legislativa, di introdurre un elemento che penso proporrò per il futuro: lo “scorporo di coalizione”. Per la verità noi lo proponemmo anche nella scorsa legislatura, ma fu impossibile approvarlo. Cercare di rimuovere tutti gli elementi che oggi hanno portato a questa distorsione, ma non attraverso un artificioso pasticcio, ma nel rispetto delle norme vigenti e con i potere di fare le leggi per il futuro. Non ci sono precedenti in nessuna parte del mondo di un Parlamento che modifica la legge elettorale a posteriori per assegnare dei seggi che sono rimasti vacanti. Martedì la Giunta per le elezioni potrebbe essere chiamata ad esprimere un voto su una proposta che di fatto è una proposta di legge perché disciplina a posteriori l’evento irregolare.

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