L’Avvenire, 10/04/1999
“Basta con gli slogan anti-partito. Basta con questa continua propaganda, basta…”
Propaganda?
Esatto, ho detto pro-pa-gan-da. È propaganda quella di Fini, quella di Segni, quella di Prodi, quella di Di Pietro, quella di Veltroni. Sono tutti mossi da un identico obiettivo.
Cambiare la legge elettorale? Uccidere la partitocrazia?
Nemmeno per idea. Il loro vero obiettivo è trasformare il referendum in una grande tribuna auto-promozionale in vista delle elezioni europee.
Mariotto Segni accusa lo stato maggiore del Gonfalone di schierarsi per l’astensione.
Noi siamo per il no. E non ci poniamo il problema del quorum. Dico davvero: se il 19 aprile non sarà stato raggiunto, spero che serva di lezione a chi fa sprecare ai cittadini mille miliardi; se invece il tetto del 50% più uno sarà stato superato, dimostreremo che la legge, che volevamo fare già da due mesi, si farà anche dopo il successo dei referendari.
Pensa alla proposta Amato?
Sì, penso alla proposta Amato. E ragiono: su quella proposta esisteva, anzi potrei dire esiste ancora oggi, una maggioranza decisa a trasformarla in legge elettorale.
E allora il referendum?
Inutile. Totalmente inutile. Perché la legge elettorale si fa in Parlamento, e perché il modello elettorale “figlio” del quesito referendario è un mostro che non assicura una risposta coerente alla domanda di governabilità. Insomma, mille volte meglio una legge in grado di recepire le indicazioni del ministro per le Riforme.
Di cosa accusa Fini?
Fini attacca i partiti, ma non è, non può essere credibile, perché contemporaneamente nega l’intenzione di sciogliere il suo… Probabilmente ha intenzione di sciogliere gli altri.
E le colpe di Di Pietro?
Pensa di sostituire i partiti con le persone, ma una democrazia che cancella i partiti è una democrazia franchista.
Passiamo a Segni: lui dice che se il referendum fallisse, la democrazia sarebbe in pericolo.
È assurdo: la democrazia italiana si è consolidata con ben altri momenti di confronto. E Segni non capisce che la sfiducia verso il referendum cresce perché troppe volte proprio lui ha usato lo strumento referendario come strumento di propaganda personale.
Il prossimo capo dello Stato può essere eletto da tutti i referendari?
Io non ci credo. Perché il fronte referendario non ha l’omogeneità politica necessaria. E perché un’intesa sul Quirinale non può nascere sulla spinta dell’umore.
Sia più chiaro.
Esiste una consapevolezza dentro i partiti della maggioranza: l’elezione del Capo dello Stato non può essere e non deve essere un momento di rottura dell’equilibrio della maggioranza.
Vuol dire che se Veltroni votasse insieme a Fini…
Veltroni dice che prima bisogna trovare un punto di incontro nella maggioranza… Io mi fermo a questo.
E la storia di un Ppi che strizza l’occhio a Forza Italia?
È una storia priva di fondamento: il Ppi è in grado di separare nettamente le scelte che hanno a che fare con le urgenze del Paese dagli interessi di parte.