Telecom: il governo può farsi sentire

Il Corriere della Sera, 22/03/1998

 

“Telecom Italia è una società privata: i giochi sono fatti e non si ritorna indietro. Ma certamente il disegno delle strategie industriali non può lasciare indifferente il governo”.
Onorevole Soro, da qualche settimana i popolari chiedono una fase di riflessione sulle privatizzazioni e, di certo, il naufragio di quell’alleanza che era stata annunciata come una opportunità storica per Telecom, può essere l’occasione per rilanciare il dibattito politico. Che prospettiva si apre ora?
Telecom deve ovviamente cercare un altro partner. Non mi pare che si possa sostenere l’ipotesi di una allargamento della rappresentanza del Tesoro nel Consiglio di amministrazione al posto del socio che si è dimesso. Il fatto che Telecom sia ormai una società privata è un punto fermo: non si può mettere in discussione. Piuttosto vorrei capire qual è il disegno industriale dei nuovi dirigenti della società.
Se Telecom Italia è una società privata, il problema delle strategie riguarda i suoi manager e i suoi azionisti. Che c’entrano i partiti?
I partiti poco o niente. Ma il disegno industriale della più grossa azienda italiana non può lasciare indifferente il governo.
Cosa deve fare allora il governo, utilizzare la golden share?
L’azione d’oro conferisce all’azionista pubblico il potere di intervenire solo nel caso che l’alleanza in discussione comporti un trasferimento del controllo azionario all’estero. Il problema ora non è certo questo. No, il Tesoro, e quindi il governo, può valutare la situazione attraverso i suoi rappresentanti in consiglio di amministrazione.
Lei pensa che il governo possa esprimere la sua influenza soltanto all’interno del CdA?
Io credo che un governo che voglia esercitare la sua influenza possa in ogni caso farlo.

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