Di Pietro attento: guai a chi incrina la coalizione

L’Avvenire, 19/12/1997

 

“Noi non apprezziamo le iniziative che possono allentare i rapporti di coesione dentro la coalizione. Di Pietro rifletta: se il suo gruppo nascesse davvero ed esclusivamente attorno a lui, se prendesse vita senza una proposta politica, finirebbe con il ritardare la riorganizzazione del centro”.
Onorevole Soro, crede che il Pds abbia delle responsabilità? Che il sostegno dato all’ex pm sia una colpa?
Se penso a Minniti che applaude all’idea della costruzione di un gruppo Di Pietro fondato sul prelievo di deputati e senatori del Polo, dico che stiamo sbagliando tutto. Noi abbiamo così vivo il bisogno di consolidare il sistema della democrazia maggioritaria che l’idea di cooptare parlamentari del Polo è un’idea estranea alla cultura bipolare.

Di Pietro si era rivolto anche a voi per dar vita al suo gruppo.
Una pretesa bizzarra quella richiesta di parlamentari in prestito. Come ha potuto pensare Di Pietro che il Ppi potesse rinunciare volontariamente a parlamentari eletti nelle nostre liste in assenza di una dichiarata volontà dei parlamentari stessi di scegliere una strada politica diversa.
Sta accusando Di Pietro di istigazione al trasformismo?
Quando, in assenza di una scelta politica, la dislocazione in uno schieramento o nell’altro è legata a una convenienza occasionale di breve periodo… questo è trasformismo, e i parlamentari del Ppi non sono disponibili.
Che dice di Di Pietro che firma un documento con i capigruppo dell’Ulivo?

Nessun dissenso di natura politica, ma solo una vicenda legata al codice di comportamento parlamentare. La firma di un senatore non presidente di gruppo a fianco degli altri presidenti di gruppo ha irritato molti parlamentari. Non solo del partito popolare.

Una scelta che comunque è figlia delle impazienze del neo senatore.
Le impazienze segnalano una positiva volontà di fare crescere il centro dell’Ulivo. Ma Di Pietro deve capire che dentro un sistema bipolare sempre più compiuto non c’è spazio per strade improvvisate o fondate sull’esclusivo prestigio personale. E ancora: non è possibile ascoltare sempre solerti collaboratori mossi dall’unico scopo di ancorare il loro futuro.

Perché Di Pietro non è nel Ppi?
Perché lui vuole allargare il centro dell’Ulivo con un suo lavoro parallelo. Almeno in questa fase.

Questa fase?
Il futuro del nostro sistema politico restringerà sicuramente l’ambito del pluralismo dentro i Poli. Difficilmente troveremo più di due componenti dentro l’Ulivo. Forme organizzative diverse si troveranno, ma senza fretta eccessiva e lasciando sedimentare la politica, che ha tempi differenti da quelli dell’organizzativismo.

A Chieti l’impegno di Di Pietro non ha portato risultati.
Non solo a Chieti. Ma questo forse ha sorpreso Di Pietro, non noi. Noi sappiamo che consenso e popolarità sono due cose differenti.

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