Obiettivo artigianato

Nuova Impresa, maggio 1992

 

E’ tradizione ormai consolidata che in prossimità della sessione di Bilancio del Consiglio regionale si verifichi una dilatazione della domanda sociale. Sono settimane di esplosione spontanea – talora un po’ elaborata – di un diffuso impulso rivendicativo delle diverse categorie produttive.
E’ l’occasione per censire con più precisa definizione i bisogni dei sardi, per misurare con più puntualità l’adeguatezza e la congruità dell’offerta di governo proposta dalla Regione. La manovra di Bilancio del 1992 ha visto gli artigiani sardi fra i protagonisti più preparati e più determinati nella rivendicazione di una svolta nella politica economica dell’istituto autonomistico. La manifestazione dell’Olimpia di Cagliari ha tradotto in cifre, in proposte e in progetti un sentimento di insoddisfazione che covava da tempo nel mondo artigiano. Va dato atto alle organizzazioni di un comportamento civile e fortemente radicato nei meccanismi della democrazia rappresentativa: è questa la precondizione per un rapporto affidabile e convincente fra le istituzioni e i ceti produttivi del nostro Paese. Al di fuori di questo approccio esiste solo la protesta confusa e demagogica che non produce risultati e, alla lunga, sfibra il tessuto complesso e articolato delle nostre istituzioni. Noi siamo consapevoli dei termini di una questione che è di evidente interesse generale. Le imprese artigiane in Sardegna sono oltre 37 mila; gli occupati sono oltre 70 mila e il 72 per cento di essi sono titolari delle imprese. Il contributo del settore alla formazione del valore aggiunto nel 1992 è stimato in oltre tremila miliardi di lire. L’aspetto più interessante e per certi versi più contraddittorio è rilevabile nell’elevato tasso dì natalità e di mortalità delle imprese. La spiegazione di questo fenomeno, che non trova riscontro quantitativo neppure nelle regioni italiane più sviluppate, può almeno in parte essere ricondotto da un lato al grave fenomeno della disoccupazione e dall’altro alla rigidità della domanda di lavoro nel settore della pubblica amministrazione in Sardegna.
Per converso il percorso tortuoso del flusso degli incentivi finanziari dà ragione di una mortalità che riteniamo potrebbe essere assai minore. Esiste un problema di stanziamenti. Il sistema bancario esaurisce le disponibilità nei primi sei mesi dell’anno a testimonianza della sproporzione fra le previsioni di posta e la crescente domanda del settore. Ma va detto altresì che il sistema delle procedure, delle garanzie, degli accertamenti non è più compatibile con le esigenze di un settore avviato a diventare il più importante dell’economia regionale.
Attualmente l’entità della potenziale domanda è stimabile in quattromila unità all’anno che necessiterebbero di forti sostegni per potersi stabilizzare nel mercato.
E va peraltro sottolineato che la tipologia della imprese presenta caratteri di forte obsolescenza se si considera che oltre un quarto appartiene al settore delle costruzioni, mentre – se paragonate con le regioni più dinamiche – sono indietro le imprese manifatturiere e le imprese dei servizi. La consapevolezza di questa condizione nel settore artigiano è premessa per un nuovo forte slancio riformatore della legislazione e di una nuova svolta nella politica della spesa. Abbiamo verificato in Consiglio regionale un deciso atteggiamento di favore alle proposte formulate dalla Giunta regionale e dai gruppi politici più rappresentativi. E maturata la decisione di cambiare registro in tema di incentivazioni.
Anziché finanziare direttamente le attività produttive, come è avvenuto finora, la Regione stimolerà l’intervento del sistema bancario, impegnandosi con le proprie risorse per abbattere gli interessi, mobilizzando una massa finanziaria sette-otto volte maggiore.
L’accantonamento di 50 miliardi per l’anno in corso, 75 per il ‘93 e 95 per il 1994 consentiranno di finanziare in conto interessi l’intera domanda di investimenti denunciata.
Sono convinto che questa sia una prima importante risposta alla forte pressione del mondo artigiano. Ma devo dire con franchezza che altre scelte devono essere maturate in un rapporto di sintonia che impegna la Regione ma deve impegnare anche, con lo stesso intento riformatore, gli operatori.
Si tratta di avvertire che la sopravvivenza e lo sviluppo dell’artigianato sono legati alla possibilità di investimenti per l’adeguamento delle tecnologie e delle conoscenze: la competitività non può essere conseguita mantenendo posizioni di retroguardia.
Dobbiamo, insieme, attivare un sistema di incentivazione che sia selettivo e finalizzato ad un progetto regionale dell’artigianato. In questo senso la manifestata volontà di promuovere una Conferen¬za regionale del settore può rappresentare un appuntamento decisivo.
Noi ci sentiamo fin d’ora impegnati.

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