Periscope: rischi per la privacy, ma le regole ci sono

(Huffington Post, 24 aprile 2015)

Periscope, la nuova App di Twitter che consente il live streaming mediante smartphone, è oggetto di curiosità ma al contempo solleva serie preoccupazioni, di cui non ultimo si è fatto interprete, con specifico riferimento ai minori non sempre consapevoli dell’effetto della divulgazione in rete di “pezzi” interi della loro vita, Telefono Azzurro.

Da un lato Periscope consente la condivisione di avvenimenti di interesse pubblico di cui si è testimoni così come di iniziative culturali e sociali importanti, rendendo chiunque lo desideri partecipe di eventi da cui altrimenti sarebbe escluso, ovviamente nel rispetto del diritto d’autore. Dall’altro, però, può rivelarsi un mezzo assai invasivo, e alla portata di tutti, idoneo a riprendere qualunque tipo di scena, anche all’insaputa o contro la volontà delle persone.

Il vero elemento di novità di questa ultima tecnologia sta essenzialmente nella immediatezza della diffusione che cancellando lo scarto temporale tra ripresa e trasferimento on-line, priva lo stesso autore della possibilità di riflettere sull’opportunità o meno di riversare in rete scene che potrebbero rivelarsi lesive della dignità delle persone. L’autore è, infatti, allo stesso tempo spettatore e non sempre, dunque, può avere la prontezza di interrompere la ripresa e con essa la divulgazione quando si trovi ad assistere a scene che non andrebbero amplificate o che, addirittura, rappresentino violenze o vessazioni.

Di fronte a questa ultima tecnologia, che realizza definitivamente la condivisione assoluta eliminando del tutto i limiti dello spazio e del tempo, non dobbiamo cedere alla tentazione di ritenere velleitario continuare a parlare di privacy.

Sappiamo che l’evoluzione è continua e incessante sulla spinta di un mercato che ha bisogno di offrire servizi sempre più nuovi per utenti sempre più esigenti.

Le regole però ci sono, anche con riferimento a Periscope, e sono quelle chiare affermate dal Codice privacy e dalla Direttive europea in base alle quali, appunto, la diffusione di dati personali, in assenza del consenso dell’interessato o dell’interesse pubblico alla divulgazione della scena ripresa, non è consentita ed è sanzionata. Principio che la nostra Autorità ha sempre ribadito e richiamato con riferimento a tutti i social network. Se riprendo altri soggetti in un video che ho intenzione di diffondere sui social devo chiedere il loro consenso al momento della ripresa, prima di poterli pubblicare e renderli disponibile – sia pure solo per 24 ore come nel caso di Periscope – attraverso la piattaforma.

È ovvio che la facilità d’uso e l’integrazione con Twitter – uno dei più popolari social network – amplificano i rischi rendendo di fatto possibile intervenire soltanto una volta pubblicato il video.

Diventa allora di prioritaria importanza diffondere maggiore consapevolezza tra gli utenti che utilizzano questi nuovi servizi illustrando le loro potenzialità lesive, anche di diritti individuali, ed informandoli delle conseguenze rilevanti alle quali si possono esporre nel mondo reale.

Dobbiamo sfuggire ad un’opposizione “ideologica” nei confronti dello sviluppo tecnologico e impegnarci per accompagnare i processi, tentando piuttosto di governare le innovazioni con le regole e gli strumenti che abbiamo già a disposizione. Del resto, non solo la nostra Autorità ma tutte quelle europee hanno già dato prova, se necessario, di riuscire a fronteggiare le sfide della società digitale, come nel caso di Google, imponendo il rispetto delle norme in tema di protezione dei dati.

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