Rischio privacy

I dati di miliardi di persone in tutto il mondo vengono tracciati, spesso inconsapevolmente, per usi non sempre leciti. Ma in tutti i casi, siamo deprivati di un nostro diritto fondamentale: quello di disporre in maniera consapevole dei nostri dati, di sapere dove vengono conservati, che uso ne viene fatto, poterne richiedere la cancellazione. Il nostro diritto alla privacy
(Pubblicato su La Regione Ticino del 3 aprile 2013)

Sono quasi tre milioni i cittadini svizzeri iscritti a Facebook, il “social network” con oltre un miliardo di utenti in tutto il mondo. Molti di più, quelli che accedono ad internet semplicemente per leggere un giornale, il meteo, effettuare un’operazione sul proprio conto corrente online.

Ogni giorno ciascuno di loro, durante la sua navigazione in rete, inconsapevolmente lascia tracce importanti della propria vita nelle mani di aziende commerciali, fornitori di servizi, aziende di pubblicità e marketing. Questo nel migliore dei casi. Nel migliore dei casi cioè, senza esserne informati, porzioni significative della propria identità, delle proprie tendenze e opinioni, vanno a formare enormi basi di dati utilizzate da aziende per la definizione di segmenti di mercato, di obiettivi commerciali, di pubblici e platee. Operazione anche definita “tracciamento”.

A volte invece quei dati possono essere utilizzati da cyber-criminali che riuscendo a ricostruire le informazioni lasciate dagli utenti (il luogo di provenienza. le generalità, le immagini o i video, addirittura in alcuni casi le chiavi di accesso ai propri profili), operano veri e propri furti di identità, compiendo crimini a volte gravi per la vita di chi li subisce. Duplicazioni di carte di credito, cyber-bullismo, pedofilia, stalking, solo alcuni di questi.

Ma in tutti i casi, più o meno gravi, veniamo deprivati di un nostro diritto fondamentale: quello di disporre in maniera consapevole dei nostri dati, di sapere dove vengono conservati, che uso ne viene fatto, poterne richiedere la cancellazione.

Il nostro diritto alla privacy. Per questo motivo in tutti i Paesi vengono adottati strumenti e dispositivi legislativi, finalizzati alla tutela di questo importante diritto.

L’Unione Europea è sicuramente uno dei luoghi al mondo dove esiste la maggiore sensibilità sul tema ed il Paese a noi geograficamente più vicino, l’Italia, è all’avanguardia in tema di privacy. Il parlamento italiano ha infatti costituito un organo preposto, Garante per la protezione dei dati personali, che si compone di 4 membri eletti dal parlamento ed è presieduto da uno di essi, con poteri notevoli, sia in campo regolamentale, con la produzione di ordinanze, regolamenti e norme vincolanti, sia nel campo del controllo e della sorveglianza, sia in campo sanzionatorio.

Il “potente” Garante della privacy italiana è, dallo scorso anno, Antonello Soro, persona di grande autorevolezza e competenza, con la quale abbiamo parlato a lungo per meglio comprendere la questione. “L’incessante sviluppo delle tecnologie ha dato vita a forme nuove di relazioni sociali ha affermato Soro ponendo sfide che hanno ridefinito le frontiere della protezione dei dati personali. Sono molti i fronti: quello della progressiva digitalizzazione delle attività, le nuove sfide dell’agenda digitale, della domotica, delle smart cìty. Il tema delle grandi banche  dati con la possibilità di archiviare a costi contenuti enormi quantità di informazioni. Quello del tentativo e della difficoltà di garantire la sicurezza dei sistemi e delle reti assicurando una efficace lotta all’attività del cyber crime”.

Sul pericolo della concentrazione di dati nelle mani di grandi aziende multinazionali, Soro non ha dubbi:  “Questo è uno dei temi centrali che impegna le autorità di protezione dati europee, perché nel mondo globalizzato gli attori che si confrontano sono, da una parte questa moltitudine di individui, spesso inconsapevoli e dall’altra un numero estremamente ridotto di soggetti, cosiddetti “over the top” che esercitano l’attività in una posizione pressoché monopolistica. Questi grandi, potenti soggetti, gestiscono un oceano di informazioni elle gli utenti consegnano, spesso inconsapevolmente e felici di poter fruire gratis di servizi. Questi soggetti hanno il potere di profilare, di manipolare, di rielaborare quantità gigantesche di dati: Facebook nel mondo ha un miliardo di utenti. Profilare un miliardo di utenti significa costruire una banca dati che configura un potere straordinario non soltanto nell’ambito dell’economia,  ma anche tendenzialmente e potenzialmente nell’ambito degli orientamenti culturali, dei comportamenti,  degli stessi orientamenti politici. D’altra parte quasi sempre questo avviene non solo in assenza di un esplicito e libero consenso degli interessati, ma il più delle volte nella totale inconsapevolezza di quello che accade e di dove accada”.

Per Soro, d’altra parte, vista la spropositata mole di dati che viene tracciata, in Europa il problema sembrerebbe essere più tecnologico che giuridico: “La difficoltà è più di tipo tecnico che non della norma giuridica.  La norma  giuridica  che richiama il consenso per queste procedure di acquisizione e tracciamento della navigazione degli utenti è abbastanza condivisa e la difficoltà è più tecnica per mettere in piedi soluzioni che permettano ad una determinata applicazione web la sospensione della raccolta delle informazioni circa l’utente che sta visitando la pagina, lasciandogli la possibilità di attivarla/disattivarla …Esattamente come un interruttore. Per questo procedimento noi stiamo lavorando sui “cookies” (porzioni di informazioni contenenti dati personali degli utenti create durante la navigazione, ndr)  e negli Stati Uniti come in Europa stiamo discutendo delle formule tecniche. Perché appunto il problema dal punto di vista della fattispecie giuridica ii abbastanza semplice; tradurlo in meccanismi informatici che consentano davvero e facilmente agli utenti di esporsi o di sottrarsi a processi di tracciamento è un obiettivo complesso”.

C’è poi l’importante questione del diritto all’oblio, ovvero la possibilità che alcune informazioni, ormai obsolete, relative alla vita di una persona possano essere rimosse automaticamente o su richiesta. Cancellazione che comunque non deve interferire con il diritto all’informazione. “Problematica tutta “digitale”, come afferma il Presidente Soro: “Anche questo tema segna il passaggio dalla società organizzata sulla comunicazione tradizionale alla società digitale perché il tema dell’oblio, in qualche modo, coincide con l’istituto già presente nel nostro ordinamento del diritto alla cancellazione/rettifica dei dati personali. Naturalmente nella società digitale, nel mondo della comunicazione in internet, questo diviene una cosa complessa. Il regolamento europeo in via di approvazione prevede tra l’altro anche delle limitazioni alla possibilità di cancellare i dati. quando la richiesta dell’interessato confligga con l’esigenza di conservazione per ragioni di particolare interesse di natura storica, scientifica, statistica. Quindi c’è un’attività di bilanciamento che si opera da parte dei “terminali” di questa richiesta. Il diritto all’oblio acquisisce una particolare importanza in relazione alla rete per il diffondersi dei motori di ricerca che prelevano da un qualunque sito notizie e le decontestualizzano, nel senso che chiunque digitando un nome può trovare una storia e non riesce a cogliere che quella storia poi ha avuto un seguito”.

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