Fisco e privacy non sono nemici

Soro: “La mostruosa banca dati, è un’arma micidiale per vincere l’evasione Ma è anche un’invasione straordinaria nella vita privata di ognuno di noi.
(di Arturo Celletti, Avvenire, 9 gennaio 2013)

“Guardi la sofferenza del Paese, delle famiglie, delle fasce deboli. Siamo in recessione oramai da troppi mesi e l’idea che 120 miliardi sfuggano ogni anno al fisco è davvero insopportabile”. Antonello Soro, Garante per la privacy dal giugno 2012, è netto nel dire basta evasione: “I cittadini onesti chiedono mano ferma. Mi creda, sono pronti a capire misure eccezionali. E anche a sopportare fastidiose intrusioni nella loro vita privata”. Soro racconta il lavoro fatto d’intesa con l’Agenzia delle Entrate. E si sofferma sui rischi che si agitano dietro l’enorme banca dati oggi a disposizione dello Stato. “Lì c’è un’arma micidiale per vincere la guerra contro la piaga degli evasori. Ma anche un’invasione straordinaria nella vita privata di ognuno di noi che forse non ha eguali in nessun Paese di natura e di tradizione liberale”. Una nuova pausa precede una nuova riflessione: “L’Agenzia delle entrate può contare su un archivio imponente. Se mi chiedessero di definirlo con una parola direi: mostruoso. E sia chiaro questo aggettivo non va letto negativamente”.

Lei è contento che in un cervellone ci sia tutta la sua vita: i suoi conti, le sue assicurazioni, le sue spese mediche?
Istintivamente ognuno di noi vorrebbe garantita la libertà individuale. Anche io sono portato a dire “non ci rinuncio, non accetto intrusioni”. Ma diritti individuali e collettivi spesso non sono separabili e la sfida che ci attende è coniugare la libertà del singolo con la libertà collettiva.

Si spieghi.
È la Costituzione a tutelare il diritto all’equità fiscale. Ma è sempre la nostra Carta a fissare un altro punto fermo: il rispetto alla riservatezza, che è un elemento costitutivo della cittadinanza europea. E allora i nostri continui richiami alla privacy non sono un capriccio, sono un dovere.

Però c’è la lotta all’evasione che impone scelte difficili, impopolari…
È così e allora ripeto sempre una parola: prudenza. Perché il rischio è porre la difesa della libertà al di sotto degli obiettivi economici. E perché la natura liberale del nostro sistema rischia di uscire compromessa. Ripeto: ci sono due diritti da conciliare e questo bilanciamento è un esercizio fondamentale nel sistema delle democrazie.

Si parla di redditometro: il senatore del Pdl Gasparri dice che crea Stato di polizia, il direttore dell’Agenzia delle entrate Befera lo nega.
Voglio uno Stato sobrio nella raccolta dei dati dei cittadini. Ma Stato di polizia è un’altra cosa e questo estremismo verbale non aiuta: serve equilibrio, non scontro. Serve spiegare che la lotta all’evasione è una priorità, ma che esistono garanzie per limitare al massimo gli effetti dell’ intrusione dello Stato nella nostra vita privata.

Perché un cittadino può e deve essere tranquillo?
Perché il nostro lavoro ha prodotto risultati. Perché sono stati introdotti procedure e strumenti di protezione dei dati personali che inizialmente non esistevano. Ora la trasmissione dei dati dalle banche all’anagrafe avviene attraverso un percorso automatizzato, senza l’intervento di persone fisiche. Ora i dati restano nell’anagrafe non più di sei anni. Dopo si cancellano tutti automaticamente.

Perché sei anni?
Perché sei anni dura l’intero percorso di accertamento e di contestazione fiscale. Ma mi faccia dire due cose. La prima: l’accertamento incrociato è uno strumento decisivo, direi ineludibile per vincere la guerra. La seconda: tutti quelli che hanno un rapporto leale con il fisco possono confidare che i loro dati restino sul fondo del mare. Chi si deve preoccupare è l’evasore.

Spieghi l’immagine dei dati in fondo al mare.
Quando cerco di raccontare a me stesso il meccanismo del “super archivio” immagino un’enorme massa di dati posati sul fondo del mare. E un algoritmo che fa una ricognizione generale in modo anonimo. Poi, quando trova un profilo di anomalia tra spese fatte e dichiarazione, il dato torna in superficie e parte l’accertamento. Prima veniva fatto al buio e questa è una conquista di democrazia “figlia” dell’innovazione tecnologica.

L’Autorità ha dato il via libera alla grande banca dati. Pentito?
Potevamo esprimere un parere contrario quando ci venne proposta la prima stesura, era un modo facile per metterci a posto con la coscienza. Ma così non avremmo aiutato il sistema a essere efficiente e non avremmo protetto di più i dati dei cittadini. Abbiamo allora detto sì, consapevoli che il nostro lavoro non è finito: ci impegneremo ancora, vigileremo sulle fasi successive, faremo controlli, ispezioni… E sia chiaro: io e Befera non siamo nemici. Combatteremo, fianco a fianco, per rendere la lotta all’evasione più efficace. E anche per garantire, parallelamente, la tutela dei diritti e delle libertà.

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