Campagna elettorale moscia a chi? Il pallino del gioco è in mano a Veltroni

Il Riformista, 10/04/2008

 

Caro direttore, sono le ultime battute di una campagna elettorale per alcuni moscia, per altri con il solito protagonista al centro della scena, come ha scritto il direttore del Riformista.
Io ho visto un film diverso che non vedevo da un po’, con una regia e con un nuovo attore principale, già con diverse nomination.
Erano anni che non si vedeva un simile coinvolgimento di popolo; pieni i teatri, piene le piazze, e sorprendentemente anche nelle regioni del nord. Ovunque si è sentita una grande e potente domanda di cambiamento.

La campagna elettorale del Pd ha rappresentato la migliore risposta alla disaffezione e al malcontento che avevano caratterizzato la precedente stagione. Berlusconi è stato costretto a inseguire le proposte di Veltroni, interpretando un ruolo non suo dove è apparso a disagio sin dalle prime battute.
In molti si sono chiesti le ragioni di un simile comportamento. Ora possiamo dirlo con certezza: il leader della destra non ha mai iniziato la “sua” campagna elettorale. Questa volta non aveva né arco né frecce. E apparso stanco fin dall’inizio, privo di idee e di proposte. Quasi rassegnato al ruolo che doveva interpretare. Così ha sempre rincorso con affanno, senza il guizzo dei giorni migliori, come un attaccante che non vede più la porta. Solo in una circostanza è sembrato tornasse il Cavaliere: quando ha evocato la cordata di imprenditori italiani per acquisire Alitalia e con i suoi figli attori protagonisti. Lì qualcuno si è scosso e ha avuto paura di annusare la polvere del vecchio tappeto. Ma è bastato poco tempo per accorgersi che non era più come prima e il bluff è stato facilmente scoperto. Ora quel bluff è la cifra della campagna elettorale di Berlusconi: fiacca, scomposta, a tratti imbarazzante.

Per converso, Veltroni ha dato voce a un diffuso bisogno di innovazione nelle forme e nei contenuti della politica italiana.
Non è eccessivo sostenere che in queste settimane si è completato il processo costituente del Partito democratico e ha preso corpo il suo profilo programmatico, si è definito il suo posizionamento nella società italiana.
Un partito a vocazione maggioritaria, strutturalmente diverso dai partiti di natura identitaria, figli del XX secolo e della sua storia.
E’ stata percepita la volontà di rispondere alla crisi della nostra democrazia, di uscire dalla palude dell’indecisionismo, di mettersi in sintonia con le correnti moderne del riformismo europeo, di allargare gli spazi di libertà nella nostra economia, di riaprire il canale della fiducia tra cittadini e istituzioni.
La destra ha prima cominciato a balbettare i nostri concetti, quindi ha tentato di inseguirci. Ma c’è una immensa differenza: noi abbiamo fatto un partito plurale per convinzione maturata in anni di tentativi e anche di errori, loro hanno fatto un cartello elettorale.

Noi abbiamo rotto con il passato, con gli alleati della sinistra massimalista e ora disponiamo di uno strumento del tutto nuovo.

Loro hanno messo insieme i cocci della Cdl con gli stessi protagonisti di sempre.
La sigla Pdl nasconde una storia già vista; quella che si è svolta in Italia dal 2001 al 2006. E le dichiarazioni rese in queste ore da Berlusconi cancellano anche l’apertura dei mesi scorsi in materia di riforme. Un ritorno mesto e preoccupante al passato.

A me sembra che gli italiani comprendano e seguano questa fase straordinaria della vita nazionale perché non sono quella massa amorfa e rassegnata che ogni tanto viene raccontata, perché – lo abbiamo visto in occasione delle primarie – sanno riconoscere le novità vere dalle finzioni.

Negli ultimissimi giorni di campagna elettorale dobbiamo riaffermare con forza la nostra idea dell’Italia, le nostre proposte per governare una nuova stagione di crescita e di coesione nazionale, le parole chiave del nostro riformismo.

Noi italiani abbiamo due alternative: rimanere prigionieri di una nuvola di illusioni che ci tutela e ci rassicura, oppure rischiare, entrare nella storia, e rifuggire dalle paure, dai timori, dai complessi e andare incontro al futuro senza protezioni, forti della nostra intelligenza e dei nostri progetti.

Il Partito democratico ha proposto agli italiani una missione collettiva per rompere il muro delle vecchie divisioni, dei conservatorismi e delle rendite. No, non mi sembra che questa sia una stagione noiosa e mediocre.

 

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