Noi stiamo lavorando per il futuro, altri parlano e basta

L’Unità, 04 aprile 2007 

 

Soro, l’ultimo sondaggio indica Ds e Dl al 25, cinque punti in meno rispetto alle elezioni. E’ allarme Pd?
«”E’ singolare che si parli in questi termini di un partito chenon c’è”, risponde il coordinatore della Margherita un po’ infastidito “da tanto pessimismo”».

Ds e Dl ci sono. Perchè perdono consensi?
«Il calo di consensi indica un calo di appeal dei partiti che stiamo conclundendo. Per questo deve nascere il Pd».

Con Migliavacca e Barbi avete deciso di proporre ai congressi Ds e Dl di avviare la fase costituente del Pd chiamando in causa il popolo delle primarie. Servirà a placare le critiche e riaccendere passioni?
«Alcune di queste critiche mi sembrano abbastanza ingenerose. Nessuno di noi ha mai pensato al Pd come l’addizione di due sigle. Tutto quello che abbiamo fatto dal giorno dopo le elezioni politiche va nella direzione di un partito davvero nuovo. Lo stesso seminario di Orvieto aveva questo significato. Lo stesso manifesto del Pd è stato scritto da dodici intellettuali di cui più della metà non fa politica attiva».

Ma le perplessità e le preoccupazioni arrivano anche e soprattutto da quelli che erano i sostenitori più convinti. Veltroni, Prodi…
«Rispetto le opinioni e le posizioni di tutti, ma ritengo che se intorno al progetto a cui stiamo lavorando si disegnano omrbe e immagini negative difficilmente il prodotto sarà atraente. Ultimamente sono più quelli che intervengono per manifestare tutto il loro pessimismo piuttosto che non per raccontare qual è l’obiettivo che abbiamo».

E qual è?
«Non è quello di riprodurre i nostri congressi, che sono stati un’esperienza in varia misura discutibile, spesso sgradevole occasione di scontro anche aspro tra le persone, ma di superare quella forma politica. Il Pd dovrà essere altro rispetto ai Ds e alla Margherita. Per essere altro dobbiamo porci non solo in una posizione di proposta, ma anche di testimonianza. L’apertura nella fase elettorale dell’assemblea costituente non è una conquista scontata ma un obiettivo che abbiamo manifestato ad Orvieto e che vogliamo proporre ai nostri congressi proprio per introdurre una forma politica più adeguata ai ritmi di vita del XXI Secolo, all’organizzazione del lavoro, degli stili. Le primarie hanno dimostrato una grande capacità di coinvolgimento perchè quando l’obiettivo è chiaro, dichiarato, i cittadini rispondono».

Come si configura il rischio che a decidere chi dovrà essere candidato all’assemblea costituente non siano soltanto le segreterie dei partiti?
«Nessuno potrà impedire ai partiti promotori di occuparsi della fase costituente, sarebbe assolutamente incomprensibile il contrario. Ma dobbiamo immaginare un meccanismo che consenta a chiunque lo desideri di essere insieme elettore e potenziale eletto. Il meccanismo lo studieremo ma non deve esserci un’iniziativa nell’unica disponibilità dei partiti».

Appunto, anche Rutelli segnala tra i possibili rischi quello dell’autoreferenzialità dei partiti. Non spetta a voi evitarlo?
«L’unico modo che abbiamo è quello di aprirsi molto, creando meccanismi di apertura nella fase iniziale nella delega politica che esiste e che esisterà domani per i delegati eletti per il Pd in modo democratico e che diventeranno essi stessi dirigenti politici. Ma contesto l’uso un po’ dispregiativo nei confronti della dirigenza dei partiti: il problema è il grado di legittimazione che si verifica. Nel Pd dovrà il processo di legittimazione dovrà esser pieno, essere democratico e aperto».

Marco Follini si è piazzato a bordo campo e vi osserva. E voi?
«L’obiettivo che abbiamo in mente è un grande partito popolare di centro sinistra che non sia né la destra della sinistra né una proiezione dei vecchi assetti partitici presenti in questo momento. L’idea della novità è in un partito riformista capace di attrarre un’area di consenso molto larga. Nel sistema bipolare e maggioritario al quale noi pensiamo il Pd deve avere una capacità di attrazione anche sul confine centrale dell’area elettorale che non è proprietà di nessuno».

Per il momento neanche Filippo Andreatta è attratto dal progetto. Ci vede i partiti delle tessere e dei funzionari
«E’ una ipotesi non priva di fondamento, ma noi stiamo andando nella direzione opposta».

A proposito di direzione da prendere, in Europa Dl e Ds prevedono approdi diversi. Come se ne esce?
«Questo è un nodo da sciogliere. Il Pse è sicuramente la principale componente del campo riformista europeo ma non è autosufficiente per vincere la sfida della competizione politica in Europa e nel mondo, tanto che gli stessi dirigenti più importanti del socialismo europeo da tempo sostengono che occorre andare oltre le attuali forme organizzative che hanno caratterizzato le famiglie politiche del XX° secolo. Noi diciamo esattamente la stessa cosa».

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