Inevitabile un intervento, il problema è la raccolta dati, nessuno sa chi e come li usa

(di Stefania Maurizi, La Repubblica, 25 febbraio 2016)

Credo che questa vicenda dovrebbe servire per rimettere al centro di un’agenda intelligente il tema della protezione dei dati”. All’indomani del terremoto innescato dalle intercettazioni dell’Nsa su Silvio Berlusconi e i suoi più stretti collaboratori, il presidente dell’Autorità Garante per la Privacy, Antonello Soro, sottolinea come il problema più grave sia la raccolta massiva di informazioni operata dalla Nsa. E biasima un atteggiamento schizofrenico verso questo tema. “Solo quando riguarda la nostra persona, o comunque noi come individui o come stato, il valore di questo diritto viene percepito come fondamentale e magari chiediamo al Garante di esercitare un’energica tutela. Poi, quando è in gioco la vita privata degli altri, la privacy viene declinata come un inutile privilegio individuale, che deve essere recessivo rispetto a ben altre necessità della comunità”.

Si aspettava che la Nsa arrivasse ad intercettare figure apicali del governo italiano?

“Pur non essendo chiarissime tutte le modalità, devo dire che la notizia non mi sorprenderebbe, perché appariva inverosimile che l’Agenzia avesse intercettato i vertici del governo di Germania e Francia e non avesse curiosato nelle conversazioni di palazzo Chigi. A suo tempo, avevo chiesto all’allora presidente del Consiglio di fare tutti gli accertamenti necessari. Noi avevamo valutato due aspetti: la violazione delle comunicazioni di un governo alleato, che è una cosa molto grave, pone problemi politici e diplomatici, rappresentando un’interferenza illecita. Ma l’altro aspetto, quello per cui ci siamo preoccupati allora come oggi, è la raccolta massiva che avrebbe interessato anche il nostro paese con l’immagazzinamento in un solo mese – a cavallo delle vacanze di Natale del 2012 – dei metadati di 45milioni di telefonate. Sappiamo che queste raccolte massive non sono solo dannose, ma sono anche inutili: nella lotta al terrorismo, ciò che è mancato non sono le informazioni, ma una raccolta efficace, che non è quella indiscriminata. Il Datagate non ha trovato risposte adeguate: a suo tempo, gli Stati Uniti hanno opposto il segreto su molti aspetti importanti. E devo dire che, come spesso accade, è subentrato uno stato di globale rassegnazione alla condizione della sorveglianza”.

Secondo i file di Snowden, l’Italia ha un accordo segreto con il gemello inglese della Nsa, il Gchq, per la condivisione di parte delle informazioni ottenute con alcuni dei suoi programmi di sorveglianza di massa. I nostri servizi d’intelligence, però, hanno sempre smentito. Voi avete un protocollo di intesa con loro proprio in tema di protezione dei dati, lei esclude complicità?

“La mia esperienza di collaborazione con l’attuale dirigenza dei servizi è stata fruttuosa: non ho ragione di avere dubbi sulla loro serietà, sulla responsabilità e anche, come dire, sulla fedeltà ai valori della nostra democrazia, dopodiché non ho gli elementi per una risposta conclusiva, perché il quesito che lei mi pone riguarda un’esperienza che è al di fuori della mia competenza”.

Il Garante ha strumenti efficaci per lottare contro questi programmi?

“Il Garante italiano, come tutte le autorità europee, ha molti strumenti, che discendono dalle norme, ma la struttura è assolutamente sottodimensionata rispetto alla sfida che abbiamo davanti”.

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