Intervento del Garante per la protezione dei dati personali in materia di finanziamento ai partiti

(Il Fatto Quotidiano, 14 febbraio 2016)

In un articolo su il Fatto Quotidiano (13 febbraio), Carlo Tecce mi attribuisce un ruolo centrale nel disegno ordito (da chi?) per eludere i controlli della pubblica opinione sui finanziatori dei partiti.

Ricordo che l’Autorità Garante per laprotezione dati agisce attraverso i provvedimenti di un organo collegiale, notoriamente composito per competenze e riferimenti culturali, e soprattutto in totale indipendenza dalle istituzioni di governo.

Né a questo fine ha mai recato pregiudizio la mia storia personale, per molti decenni vissuta nelle Assemblee legislative, non molto diversa da quella di tanti esponenti delle istituzioni che in questi anni si sono alternati alla guida degli organi di garanzia previsti dal nostro ordinamento repubblicano.

Tecce dovrebbe chiarire prima di tutto a se stesso quale sia l’obbiettivo della sua indignata denuncia contro l’uso della privacy ai fini di un complotto contro la trasparenza del finanziamento dei partiti. È il codice per la protezione dei dati personali? Il legislatore dovrebbe modificare la norma, in quel codice contenuta, che tutela come dato sensibile l’orientamento politico delle persone?

Temo che troverebbe qualche difficoltà perché andrebbe in contraddizione con la Direttiva europea in materia di protezione dati. E il nuovo Regolamento in fase di approvazione conferma la speciale tutela. Vigente questa legge, spetta al Garante segnalarne le eventuali violazioni ed opporsi alle stesse.

Nel merito. Il tema della pubblicitàdel finanziamento ai partiti riguarda la privacy essenzialmente sotto un profilo. La scelta di erogare contributi a movimenti o partiti può rivelare (sia pur non necessariamente) l’orientamento politico del donatore e, pertanto, l’informazione sul contributo fornito a un determinato partito si considera dato sensibile e come tale meritevole di una tutela rafforzata.

Tra le garanzie previste, in linea generale, per questa particolare categoria di dati vi è anche la subordinazione della loro diffusione (in particolare sul web) al consenso (scritto) dell’interessato, al fine di rimettere a lui la valutazione sull’opportunità (e i rischi) del rendere noto a chiunque il proprio orientamento politico.

Così, nel decreto-legge sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti si è ragionevolmente subordinata al consenso dell’interessato l’ammissibilità della pubblicazione in rete (sui siti del Parlamento e del partito) del contributo superiore ai 5.000 euro e comunque inferiore ai 100.000 (soglia oltre la quale scatta l’obbligo ineludibile di dichiarazione congiunta alla Camera, da parte di partito e finanziatore). Questa precisazione è stata introdotta in conversione, raccogliendo l’invito formulato dal Garante con apposita segnalazione.

Ciò non vuoi dire, tuttavia, che in assenza di consenso il dato sull’erogazione del contributo sia “segreto” e che quindi non vi possano essere controlli sulle fonti di finanziamento: tutt’altro. Esso, infatti, dovrà essere reso noto, unitamente alla documentazione contabile, dal partito alla Presidenza della Camera, fermo restando che esso dovrà comunque essere effettuato con modalità tali da garantire la tracciabilità dell’operazione e l’identità dell’autore.

Le modalità per realizzare tali garanzie di tracciabilità avrebbero dovuto essere previste con decreto ministeriale da emanarsi entro due mesi dall’entrata in vigore del decreto-legge, ma così non è stato.

Come sa anche Tecce, il Garante non adotta decreti.

PRIVACY POLICY