Tuteliamo i cittadini nello spazio digitale

Forum con Antonello Soro, presidente Autorità garante per la privacy

 

Quali sono in questo periodo i filoni di cui si interessa l’Autorità?
“L’Autorità ha assistito in questi anni a una crescita continua ed esponenziale di fronti nuovi che si aprono. Questo, in larga misura, lo dobbiamo al diffondersi della rivoluzione digitale. Ciò non toglie che siano ancora presenti tutti i fronti precedenti a tale rivoluzione. In questo periodo, per esempio, siamo impegnati con l’Ordine dei Giornalisti in un tentativo di revisione del Codice deontologico; siamo impegnati con altre organizzazioni e associazioni alla revisione del codice delle informazioni commerciali e abbiamo messo in essere, anche recentemente, alcune misure a tutela di quelle che si potrebbero definire piccole libertà come la questione delle chiamate mute, dovute ad un problema tecnico da parte dei call center, che tanto allarmavano le persone. Al momento il dato più rilevante è che il sistema digitale ha acquistato un peso infinitamente maggiore nella vita di tutti. Basterà dire che fino a poco tempo fa Twitter in Italia era appena nato e aveva solo qualche estimatore mentre adesso è in crescita verticale. La rivoluzione digitale cambia profondamente l’organizzazione della vita e, mentre la vita nello spazio fisico è presidiata da leggi e da giurisprudenza consolidata, nello spazio digitale i presidi sono pochi. L’impegno per noi è capire i nuovi fenomeni, svolgere una funzione di vigilanza e cercare di ragionare in una dimensione che non è quella nazionale perché questi processi sono palesemente incompatibili con un sistema del diritto su base statale e nazionale. L’obiettivo è partecipare ai processi di cooperazione internazionale e al dibattito europeo e globale, cercando di individuare percorsi capaci di introdurre elementi di presidio e di immettere, pertanto, il diritto nello spazio digitale”.

Quali sono le problematiche principali che insorgono quando si creano o si gestiscono grandi banche dati?
“Il tema può essere affrontato su livelli differenti. Quello apparentemente più semplice, perché più governabile, ma molto impegnativo per questa Autorità è l’attività delle grandi banche dati pubbliche. Man mano che decolla l’Agenda digitale e la Pa si trasferisce nello spazio digitale, non dobbiamo dimenticare che in quello spazio ci sono cittadini, c’è la nostra vita. E’ una considerazione tanto banale quanto misconosciuta nel dibattito su questa questione. La digitalizzazione è un percorso di modernizzazione del Paese, di efficientizzazione della Pa ma qualche volta ci si dimentica che dentro queste banche dati ci sono tutti gli elementi che concorrono a definire la nostra identità, la nostra vita. E come la nostra vita è vulnerabile nello spazio fisico, lo è anche nello spazio digitale. Nello spazio fisico la percezione di una ferita ricevuta, o di un furto è immediata; in quello digitale è molto più complicata: non è detto cha avvenga in tempo reale, anzi normalmente non avviene in tempo reale. Abbiamo il dovere di presidiare e di tutelare i diritti dei cittadini in questo spazio, facendo presente alle istituzioni che governano questi processi che la cifra della protezione dati è un elemento ineludibile in qualunque percorso di sviluppo dell’Agenda digitale. Siamo impegnati su questo fronte sia dettando norme molto precise sull’organizzazione e sul contenuto tecnico sia svolgendo una funzione ispettiva. Questo compito è estremamente impegnativo e assorbe moltissime delle poche risorse che noi abbiamo”.

Su quali risorse umane potete contare?
“Il nostro organico è assolutamente e vergognosamente spropositato per difetto rispetto agli obiettivi altissimi che in questo momento abbiamo davanti. Abbiamo in servizio circa 110 persone con prevalente profilo giuridico, bravissime, frutto di selezioni molto rigorose svolte negli anni passati dai nostri predecessori ma, a tutt’oggi, abbiamo ancora pochissimi tecnologi”.

C’è un criterio di fondo che seguite nel vostro lavoro?
“I principi generali del Codice della Privacy che derivano dalla Direttiva Ue del 95 e che saranno ripresi e rafforzati anche nel nuovo Regolamento europeo. La privacy è una condizione strettamente collegata con il diritto fondamentale alla tutela della dignità della persona. Tale diritto va considerato tutte le volte che ci troviamo di fronte agli interrogativi più difficili. Intorno ai principi di finalità, proporzionalità, liceità, correttezza e non eccedenza delle informazioni, noi costruiamo di volta in volta un punto di equilibrio tra interessi diversi. L’inviato speciale dell’ONU, Frank La Rue, ben prima del Datagate aveva segnalato l’esigenza di non ammettere mai la mortificazione del diritto fondamentale alla riservatezza neanche per ragioni di sicurezza. Oggi si sta cercando di modificare la legislazione emergenziale dell’11 settembre nel nome e nel rispetto della privacy. E’ il segno di un cambiamento di coscienza globale che può far sperare che possa raggiungersi un punto più alto di bilanciamento. La cosa principale è avere saldi dentro di noi i principi della Costituzione che sono una guida fondamentale anche in questo momento. L’equilibrio è esattamente il perno della nostra Costituzione che nella sua parte dei principi, ci offre, da sempre, la bussola per vincere ogni sfida, anche quelle che la tecnologia e lo sviluppo della società ci pongono come nuove”.

A difesa dei diritti in Rete. Tra sicurezza e trasparenza. Che sfide pone oggi la Rete?
“Sulla Rete tutti i giorni consegniamo pezzi importanti della nostra vita, rivelando non solo la nostra attitudine ai consumi, ma sentimenti, progetti, fotografie, video, e tutto quello che concorre a definire la nostra identità. Nello spazio fisico siamo noi i principali attori che definiscono il proprio processo identitario e la rappresentazione che di noi vogliamo si abbia. Nello spazio digitale le cose cambiano. L’interazione sulla Rete fa sì che il nostro profilo e la nostra vera identità possano anche non corrispondere. In questo spazio è molto più complicato esercitare i diritti, quindi anche modificare il profilo che di noi si è costruito. Il meccanismo di profilazione per finalità commerciali e lo spostamento in servizi di cloud distanti dal nostro Paese o dalla nostra residenza comporta l’uso di grandi server nei quali sono conservati un numero infinito di dati. Incrociandoli si definiscono profili sempre più vicini all’individuo. Poche imprese private monopoliste nel mondo conservano informazioni sulla nostra vita e sulla nostra identità digitale in banche dati di cui non abbiamo controllo. Questo avviene sia per la scarsa consapevolezza con cui i cittadini utilizzano la rete sia per una discreta spregiudicatezza delle imprese che, una volta acquisito il consenso per uno qualunque dei servizi che offrono, lo utilizzano anche per altre finalità. E’ necessario aggiornare la nostra struttura e rileggere la giurisprudenza maturata nell’epoca pre-digitale. L’esercizio primario dell’Autorità è mettere quotidianamente a confronto diritti diversi spesso di pari rango costituzionale e trovare un equilibrio: il diritto alla sicurezza, all’equità fiscale, alla trasparenza e, naturalmente, alla privacy”.

Anagrafe dei conti correnti per la lotta all’evasione. Cosa pensa della pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi?
“Per il controllo della fedeltà fiscale oggi esiste un meccanismo al quale abbiamo concorso anche noi che è quello relativo all’anagrafe dei rapporti finanziari e, in generale, all’anagrafe tributaria. E’ molto più facile fare la lotta all’evasione con questi strumenti che non con la presunzione che il controllo sociale che si avrebbe con la pubblicazione delle dichiarazioni possa risolvere un problema che, peraltro, è di competenza dello Stato e delle Istituzioni. Noi interpretiamo la legge ed essa prevede che non si possono diffondere i redditi dei contribuenti e dei loro familiari in modo generalizzato. Il problema mi pare che oggi non rappresenti più un punto di criticità nel rapporto fra trasparenza e riservatezza. Si è trovato un punto di equilibrio accettato da tutti. Sul fronte dell’equità fiscale abbiamo svolto una funzione di cui siamo orgogliosi. Nel caso dell’anagrafe dei conti correnti abbiamo fatto un’opera che, alla fine, si è rivelata utilissima per l’Agenzia delle Entrate perché abbiamo concorso a costruire una serie di meccanismi di presidio, di misure organizzative e informatiche per cui la banca dati che custodisce l’anagrafe tributaria e dei conti correnti è una banca dati sicura ed efficiente. Poi c’è stato l’intervento sul redditometro, una misura non molto apprezzata dall’opinione pubblica. Abbiamo introdotto una serie di elementi correttivi e abbiamo fatto sì che l’utilizzo di questo strumento si fondasse su spese certe e non su proiezioni ISTAT. Ciò era in contrasto con la legge perché il Codice della privacy stabilisce che le ricerche fatte per funzioni statistiche non possono essere utilizzate per imporre oneri ai contribuenti e poi, questo sistema, oggettivamente, produceva una serie di errori”

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