Privacy e intercettazioni. Una proposta di legge all’esame del parlamento

Camera dei Deputati, 02/05/2011

 

D’iniziativa dei deputati

SORO BRESSA ZACCARIA CASTAGNETTI COLANINNO FERRARI GAROFANI MARCHI MARGIOTTA MELIS NARDUCCI PIZZETTI SERENI TIDEI VASSALLO

Modifica all’articolo 139 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernente l’adozione di norme deontologiche relative al trattamento dei dati personali relativi a indagini di polizia e a procedimenti giurisdizionali, anche acquisiti mediante intercettazione di comunicazioni, nell’ambito delle attività giornalistiche e tramite i mezzi d’informazione
Onorevoli colleghi!- La disciplina dell’uso delle intercettazioni telefoniche è un tema che esige un confronto maturo e una risposta meditata da parte del legislatore. Le inchieste che per mesi hanno occupato le pagine dei giornali e riempito i programmi di approfondimento televisivo non fanno che confermare l’utilità delle intercettazioni telefoniche nelle attività investigative.

Esse si aggiungono ai moltissimi esempi di indagini condotte con successo grazie a questo strumento per i reati contro la criminalità organizzata o per quelli contro la pubblica amministrazione. Tuttavia, proprio chi riconosce l’indispensabilità delle intercettazioni, anche per contrastare la posizione di quanti vorrebbero limitarle eccessivamente, non può disconoscere gli effetti perversi della diffusione di tali contenuti su stampa e televisione. Troppo spesso, infatti,nelle intercettazioni pubblicate sui giornali compaiono,spesso per circostanze del tutto casuali, persone totalmente estranee alle indagini, oppure sono riportati particolari intimi, attinenti alla vita privata dei singoli, che pur non avendo alcun rilievo penale, sono amplificati unicamente per
solleticare la fantasia pruriginosa del pubblico.

In questo modo la vita privata di molte persone, la cui unica colpa è quella di essere citate nel corso di una conversazione telefonica, spesso con affermazioni non precise o non veritiere, entra in un barbaro tritacarne.

Ciò è vero particolarmente per le persone più deboli: non solo per i minori, molte volte vittime anche indirette di tale esposizione mediatica, feriti nel loro sviluppo con conseguenze indelebili, ma anche per gli adulti, spesso oggetto di un’attenzione ossessiva, che finisce per influire sulle relazioni sociali, in famiglia come sul posto di lavoro. Chi ha responsabilità pubbliche, infatti, proprio in ragione del suo ruolo, deve talvolta accettare una qualche compressione della propria sfera privata: anche perché ha generalmente strumenti per difendersi con maggiore efficacia da tali intrusioni.

Per converso, è inaccettabile che i cittadini comuni finiscano per essere stritolati dal racconto pubblico di vicende delle quali a volte sono solo marginali protagonisti o semplici comparse. Occorre porre un limite a questa deriva. E tuttavia, la risposta non può venire da soluzioni meramente repressive, con sanzioni sproporzionate ed ispirate più ad una logica vendicativa che ad una seria politica di prevenzione del danno. Si dovrebbe invece cercare il giusto bilanciamento fra le esigenze di informazione sui fatti di interesse pubblico e la tutela della sfera privata delle persone.

Per individuare tale difficile equilibrio, specie in tempo di internet, hanno poca efficacia le regole imposte dall’alto con spirito persecutorio.
Occorre invece chiedere agli stessi operatori dell’informazione un confronto e una elaborazione su norme e su cautele di applicazione comune, per spezzare il circuito perverso di una competizione al ribasso tra le diverse testate giornalistiche, alla ricerca del particolare piccante che faccia vendere una copia o guadagnare qualche telespettatore in più.

È questa l’impostazione del codice di deontologia dei giornalisti, già da tempo previsto dal codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, che con la presente proposta di legge si intende riprendere e rafforzare, prevedendo l’approvazione di specifiche disposizioni relative al trattamento dei dati personali effettuato nell’esercizio della professione di giornalista o, comunque, tramite i mezzi di informazione, con particolare riferimento ai dati relativi alle indagini di polizia ed ai procedimenti giurisdizionali, ivi compresa la diffusione delle intercettazioni telefoniche e ambientali.

Il Codice di deontologia dovrà essere promosso dal Garante per la protezione dei dati personali, ma la sua adozione spetterà direttamente al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Solo in caso di inerzia di quest’ultimo, il Garante sarà chiamato ad esercitare poteri sostitutivi. Si vuole in tal modo assicurare, con meccanismi procedurali già efficacemente sperimentati, la definitiva approvazione del codice entro termini sufficientemente brevi, ponendo fine ad una ormai inaccettabile situazione di vuoto o di incertezza normativa, dannosa sia per i soggetti interessati alle intercettazioni che per gli operatori dell’informazione (o, almeno, per i più responsabili fra questi).

A dispetto della denominazione di codice deontologico, le sue disposizioni non saranno semplici norme di buona condotta da applicare all’interno della categoria professionale, magari con logiche corporative.
Saranno invece regole dell’ordinamento generale, valide per chiunque scriva od operi sui mezzi di informazione: il loro rispetto potrà dunque essere fatto valere davanti al Garante o al giudice ordinario.

La redazione delle nuove disposizioni consentirà inoltre di utilizzare e di sistematizzare la ricca giurisprudenza e le numerose pronunce del Garante emanate a partire dall’adozione, avvenuta ormai quasi tredici anni fa, del codice “generale” dei giornalisti oggi vigente, che per quanto qui interessa contiene solo alcuni principi generalissimi,quanto mai bisognosi di specificazione e di chiarimento, oltre che di un necessario aggiornamento anche alla luce dell’evoluzione nel frattempo verificatasi nel mondo dell’informazione.
Al fine di assicurare immediata efficacia alle disposizioni che saranno adottate, si è anche previsto che il nuovo codice dovrà contenere specifiche sanzioni pecuniarie amministrative in il caso di violazione delle norme in esso contenute, la cui applicazione sarà affidata al Garante.
Art. 1

1. All’articolo 139, comma 1, del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Il codice disciplina altresì il trattamento dei dati relativi a indagini di polizia e a procedimenti giurisdizionali, ivi compresi i dati acquisiti mediante intercettazione di comunicazioni o di conversazioni, nell’ambito delle attività giornalistiche e tramite i mezzi d’informazione»;

2. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 141 e seguenti del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, per il caso di violazione delle disposizioni del codice deontologico adottate ai sensi del secondo periodo del comma 1 dell’articolo 139, introdotto dal comma 1 del presente articolo, il codice deontologico medesimo prevede le sanzioni pecuniarie amministrative da applicarsi, a cura del Garante.

3. Il Garante per la protezione dei dati personali promuove l’attuazione delle disposizioni del secondo periodo del comma 1 dell’articolo 139 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, introdotto da comma 1 del presente articolo, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti adotta le conseguenti deliberazioni entro i tre mesi successivi alla proposta del Garante. Decorso tale termine, il Garante provvede entro i successivi trenta giorni ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 139 del codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003.

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