Va cambiata la manovra di luglio

L’Unità, 03/11/2008

 

Il vulnus è la manovra di luglio. «Da lì bisogna ripartire: il Governo cambi la Finanziaria, a cominciare dai tagli sulla scuola e noi faremo la nostra parte». Questa è la risposta del Pd — detta con le parole del suo capogruppo alla Camera, Antonello Soro — al disgelo offerto dalla maggioranza. In sostanza, una chiusura. E l’appello di Roberto Calderoli? «il suo cambio di tono dipende dal fatto che il federalismo sta per essere derubricato»

Il Pd dialoga sulla scuola solo se la Pdl elimina i tagli. È un modo di chiudere al confronto?
Le condizioni per discutere di scuola e di tutte le riforme ci sono, basta andare in Parlamento e confrontarci. Noi siamo pronti. E’ il Governo che presenta alle Camere solo proposte blindate o decreti, come è accaduto sulla scuola. Per dialogare serve una marcia indietro perché le riforme, tutte, non si fanno a colpi di tagli indiscriminati e senza investimenti.
Noi faremo le nostre proposte per eliminare gli sprechi e qualificare la spesa, vedremo se ci saranno ripensamenti. Ma il problema vero sta nel peccato d’origine di questo Governo: la manovra di luglio è la madre di tutte le difficoltà. E stata salutata come grande novità positiva ma ora si scopre che ha sottovalutto la crisi economica spendendo risorse preziose in operazioni di facciata come l’Ici o l’Alitalia e dimenticando famiglie e imprese».

Chiedere di cambiare una manovra blindata perfino per la Pdl non è velleitario? Gli appelli di Calderoli che fine fanno?
Il Governo può rimediare e rimettere in discussione le scelte di luglio parlando chiaro agli italiani sulla realtà crisi economica. Per quanto riguarda il cambio di tono del ministro credo che le ragioni siano da cercare altrove»

Dove?
Calderoli avverte il rischio che il federalismo sia destinato a rimanere una bandiera. Lo vediamo dall’andamento dell’agenda politica e parlamentare che sposta sempre indietro la riforma. Questa è una fase di debolezza della maggioranza: guardi il dietrofront sulla legge elettorale dopo i diktat berlusconiani»

Cosa scegliete tra una legge nuova e l’attuale?
Se la minaccia è o Porcellum bis o la legge attuale, dico che è meglio tenerci questa. E’ brutta ma la nuova sarebbe peggiore. Noi però pensiamo si possa ancora lavorare»

Qual è la condizione ininunciabile: le preferenze o lo sbarramento al 3%?
Le preferenze. È inaccettabile la compressione del circuito democratico. Sul resto bisogna confrontarsi, le nostre non possono essere le uniche condizioni»

D’Alema dice che serve una nuova fase del Pd: parla da leader-ombra?
C’è una tendenza alimentata dai protagonisti a enfatizzare distinzioni. E c’è anche un vezzo diffuso, che probabilmente non riguarda lui, di denunciare a ogni piè sospinto un’assenza di progetto avendo in mente come ‘‘vero progetto” magari quello presentato da loro stessi 5 o 10 anni prima. I progetti politici non sono prodotti stagionali. Così come il rinnovamento non va inteso come cambio di turno»

E l’insistenza sull’alleanza con l’Udc?
La proposta del Pd deve avere una vocazione maggioritaria, cioè la capacità di attrarre tutti gli italiani, anche chi vota per l’Udc o Pdl.
Nessun alleato può sostituire la nostra potenzialità espansiva ed è il progetto Pd che deve conquistare consensi senza delegare questo compito all’Udc»

Come inciderà la vittoria di Obama nella collocazione Ue del Pd: indebolirà l’insistenza di Fassino e D’Alema sul Pse e aiuterà Veltroni a cercare una nuova casa?
Non c’è dubbio. Sarà una spinta ulteriore a cercare una collocazione internazionale dei democratici di tutto il mondo e in Europa aiuterà a evolvere verso una nuova organizzazione dei riformisti che vada al di là dei socialisti ma partendo da un rapporto stretto con il Pse»

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