Il PRC manifesti pure. Poi si parla di pensioni

Il coordinatore Dl Soro: “il Dpef è chiaro”
Il Giorno, il Resto del Carlino, La Nazione, 02 novembre 2006

 

Dalla piazza alle pensioni lo scontro continua. I comunisti sono determinatissimi a manifestare con i precari dopodomani anche a costo di incassare qualche fischio e qualche defezione tra i massimalisti di governo, ma i riformisti non incassano la sfida senza reagire: rilanciano la questione delle pensioni. E rendono così chiaro a tutti che la contesa sul partito di piazza e di governo in realtà ha un oggetto ben pi impegnativo: l’assetto programmatico della maggioranza. A riassumere umori comuni al settore dell’Unione è il segretario Ds Piero Fassino: “La finanziaria innesca una politica che dovrà continuare con le riforme fondamentali di cui il paese ha bisogno. Da gennaio bisogna cambiare pensioni e pubblico impiego”.
Immediato l’altolà della sinistra radicale. Ecco Diliberto (Pdci); “Non voteremo nulla che non sia nel programma dell’Unione. La linea di Fassino è la premessa programmatica per la costruzione del partito democratico e risente di poteri economici forti che cercano di suggerire la linea ai Ds”.

Questa tensione l’avevamo messa in conto. Ognuno ha il suo stile, se Rifondazione vuole scendere in piazza lo può fare. Ma è chiaro che non si possono superare certi limiti: la coalizione è larga, ognuno deve rinunciare a qualcosa”. Per cominciare Antonello Soro – coordinatore della Margherita che preferisce il basso profilo alle luce della ribalta – mette subito in chiaro le cose con la sinistra radicale: sia sul programma (“indica una strada ma si può modificare”) sia sulla riforma previdenziale: “Non è un tabù: nel Dpef abbiamo programmato di metterci mano”. Sia sulla fase due: “L’Italia deve ripartire”.

Fin dove si può spingere il gioco di rifondazione del partito di lotta e di governo?
“Capisco che Rifondazione, come altre parti dello schieramento di maggioranza, debba coltivare la capacità di movimento però ha firmato un patto ed è entrato al governo: occorre dunque saggezza nei movimenti, ma da parte di tutti per arrivare ad una sintesi. Anche perchè oltre c’è la rottura. E dietro c’è il buio. Se il governo fallisse, sarebbe un guaio grosso”.

Cosa accadrebbe?
Se il governo avesse un incidente tecnica – per via dei numeri – al Senato, è chiaro che si dovrebbe ricostruire questo governo con questa coalizione.
Se invece si rompesse il compromesso raggiunto con il programma, si dovrebbe tornare a votare, avendo ben chiaro che si riconsegnerebbe il paese alla destra”.

Il programma è il Vangelo come dice la sinistra massimalista?
“Il nostro programma indica una strada: non è immodificabile. Detto questo, ci sono due parole che precedono le altre: crescita ed equità. E’ giusto puntare ad una redistribuzione dei redditi come fa la manovra, ma se non riparte l’economia in Italia non c’è ricchezza da redistribuire”.

Un messaggio per tutti quelli che non voglione le riforme? Ha ragione chi dice che finora l’agenda l’hanno dettata i massimalisti di sinistra?
“Abbiamo fatto cose che condividevamo tutti. Ma nell’agenda del governo ora ci sono riforme ineludibili, tra queste una nuova fase di liberalizzazioni che riguarderà pure gli enti locali”.

Malgrado la contrarietà di Rifondazione?
“Nessuno può dire “no” a priori, non fa parte della logica di questo governo: occorre sedersi a un tavolo e discutere”.

E’ uno schema valido anche per la riforma previdenziale?
“Le pensioni non sono un tabù al punto che nel Dpef abbiamo programmato di mettere mano a una correzione del sistema previdenziale. E’ vero, il ministro Ferrero (Prc) non l’ha votato in consiglio dei ministra ma in parlamento fu votato anche dai suoi colleghi di partito. Il sistema va corretto: non c’è solo il pensionato contro il resto del mondo, bisogna pensare anche a tutti gli altri. Quanti vogliono uscire dal sistema produttivo pagando una penalità e quanti invece vogliono restarci più a lungo”.

E se la sinistra estrema continua a stare sulle barricate?
“Spero che alla fine prevalga il buon senso”.

Vale anche per Bertinotti?
“Non si può chiedere a un uomo politico che si è alimentato per tutta la vita della passione politica di mettersi a fare la statua a 70

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